Memoria – Gattegna al Quirinale, “Impegno per i giovani”

Illustre e caro Presidente Napolitano, grazie per aver voluto ricordare anche quest’anno al Quirinale il Giorno della Memoria e grazie, ancora una volta, per averlo voluto celebrare con i giovani, alla presenza degli ex deportati, ai quali va il nostro affettuoso omaggio.
Voglio rivolgere un saluto particolare al premio Nobel Elie Wiesel, che è qui tra noi. Illustre Professore Wiesel, Lei è una delle voci più alte che ha saputo descrivere l’inimmaginabile e l’inenarrabile.
Ha raccontato la storia sua, del popolo ebraico e di tutte le vittime. Ha spiegato e ha scritto pagine indimenticabili che hanno rotto il muro dell’indifferenza e hanno permesso a milioni di persone, in tutto il mondo, di conoscere importanti pagine di storia e ai giovani di formarsi una coscienza.
Dieci anni fa, il 27 gennaio del 2001, il Giorno della Memoria veniva celebrato in Italia per la prima volta.
Dieci anni sono un tempo sufficientemente lungo da permetterci di fare qualche considerazione e un primo bilancio.
E’ vero che a stabilire la celebrazione del Giorno della Memoria è stata una legge; ma possiamo constatare che il ricordo di quel doloroso e drammatico periodo storico ha suscitato nell’opinione pubblica, nei mezzi di comunicazione, nel mondo della scuola un’ampia e motivata partecipazione, e ha riempito di significato e valore una ricorrenza che mai è diventata semplice ritualità.
I cancelli del campo di sterminio di Auschwitz sono stati abbattuti il 27 gennaio 1945. Esattamente 65 anni fa.
A distanza di tanti anni desta preoccupazione, ed è motivo di riflessione, constatare che qualcosa dei fondamenti della criminale dottrina nazista, è tuttora vivo in alcuni settori della società europea, nella quale, presso gruppi fortunatamente minoritari, sussiste il pervicace rifiuto dell’Altro, del diverso visto come un pericoloso nemico, da combattere, da escludere, da eliminare.
Questo fu il principio che portò all’uccisione di milioni di innocenti; e gli ebrei ne pagarono il prezzo più doloroso e più tragico.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, tutta l’Europa andava ricostruita, non solo materialmente, ma soprattutto moralmente e culturalmente gettando nuove fondamenta ideali che negassero radicalmente quelle teorie criminali che l’avevano trascinata nel baratro della guerra e sulla base delle quali erano stati costruiti i campi di sterminio, luoghi dove la vita non aveva più alcun valore. Luoghi nei quali, citando Primo Levi, “si moriva per un sì o per un no”.
Potrebbe sembrare una profanazione dirlo, ma proprio da Auschwitz è nata la nuova Europa che da quell’orrore e da quella inciviltà si è voluta allontanare, ci auguriamo per sempre.
C’è un legame diretto tra quanto avvenuto solo pochi decenni fa in Europa e ciò che questo continente è divenuto a seguito di una lunga elaborazione di quegli eventi luttuosi e della necessità di porre le basi affinché potesse essere assicurato alle generazioni venture un futuro di pace, mantenendo e consolidando la coscienza del passato e la consapevolezza dei terribili errori commessi.
Il valore umano della Memoria della Shoah è proprio questo: far conoscere alle future generazioni ciò di cui l’umanità è stata capace, affinché non si ripeta.
Ne “I Sommersi e i salvati”, Primo Levi scriveva amaramente:
“L’esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti è estranea alle nuove generazioni dell’Occidente, e sempre più estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni”.
Siamo nel 2010, il mondo è cambiato e quegli eventi sono oggi ancora più lontani.
Dunque ci interroghiamo: come fare per “non dimenticare” ?
La risposta crediamo di trovarla nell’intento pedagogico di questa giornata dedicata a voi ragazzi, che partecipate al concorso “I giovani ricordano la Shoah” e che vi siete dedicati a conoscere e a esprimere creativamente quanto appreso dai libri e dai vostri insegnanti.
Siete un esempio di come si possa favorire una memoria viva, partecipata, attiva, ricca di riflessioni e di risposte alle tante domande che ognuno si pone.
Crediamo che favorire la conoscenza di quanto avvenuto, possa servire come valido antidoto affinché ciò non si ripeta, salvaguardando tutti noi dal pericolo di inaccettabili e insostenibili negazionismi e revisionismi.
Solo poche settimane fa è stato rubata e oltraggiata la scritta posta all’entrata di Auschwitz, quel macabro “Arbeit macht frei”, “Il lavoro rende liberi”. Quel simbolo è tornato al suo posto, come monito all’ingresso di un luogo dove l’unica possibilità di libertà consisteva nel morire.
Il Giorno della Memoria esiste per creare nella società gli anticorpi contro ogni genere di razzismo, xenofobia, e per favorire la diffusione di quei valori sui quali noi, italiani ed europei, abbiamo fondato idealmente e concretamente il nostro vivere contemporaneo e che abbiamo posto orgogliosamente al centro della Costituzione Italiana e di quella Europea.

Roma, 27 gennaio 2010.

Renzo Gattegna, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche italiane