Moked – Al via la grande convention di primavera. Il grande ritorno dei marrani
“Marrani di ieri e di oggi”. Questo il tema del Moked di primavera, la tradizionale convention dell’ebraismo italiano, dedicata quest’anno al suggestivo tema dei conversos. I casi di singoli, di famiglie o di intere comunità che chiedono di entrare a far parte del popolo ebraico si vanno infatti facendo frequenti. In molti casi pare si tratti di discendenti di marrani, che nel corso dei secoli hanno mantenuto una qualche segreta fedeltà all’ebraismo. È il motivo per cui la questione marrana, quanto mai peculiare dell’esperienza storica ebraica, torna a farsi attuale e merita quindi attenzione e analisi approfondite, nell’intento di coglierne il significato e i riflessi sull’ebraismo contemporaneo. Al tempo stesso il marranesimo potrebbe rivelarsi una preziosa pietra di paragone, se messo a confronto con forme di nascondimento e di dissimulazione dell’identità sempre più frequenti. L’argomento, di particolare interesse nel cinquecentenario della cacciata degli ebrei dal Sud Italia, sarà affrontato sia dal punto di vista storico sia da quello rabbi nico. Tra i relatori, Piera Ferrara (Università di Tor Vergata), David Meghnagi (Università Roma Tre), Sergio Della Pergola (Università di Gerusalemme) e rav Eliahu Birnbaum di Shavei Israel, l’organizzazione israeliana fondata dal giornalista Michael Freund che lavora al recupero degli ebrei perduti: i Bne’ Menashe in India, gli ebrei cinesi di Kaifeng, gli ebrei inca, i discendenti degli ebrei polacchi e, appunto, i conversos di Spagna, Portogallo, America latina e forse tra poco anche d’Italia.
A prima vista sembra uno di quegli argomenti riservati agli storici o alle ricerche erudite. Ricco di fascino e mistero ma ben poco pregnante per il presente e soprattutto per il futuro. Parlare di marrani e del marranesimo vuol dire invece mettere sul tavolo le mille contraddizioni intrinseche al mondo ebraico, toccarne con mano le radici e affrontare il tema per eccellenza: quello dell’identità. Rav Roberto Della Rocca, direttore del Dec – Dipartimento educazione e cultura UCEI non si nasconde la complessità della questione ma è ben convinto che ragionare dei conversos sia ragionare degli ebrei di oggi e del domani. Per questo ha voluto dedicare al marranesimo il Moked di primavera che, accanto alle consuete occasioni di svago e convivialità, proporrà sull’argomento un programma d’approfondimento di grande interesse.
“Vi sono più ordini di motivi che mihanno spinto a questa scelta – spiega – Da un lato è in atto una riscoperta del Sud d’Italia: a cinquecento anni dalla cacciata degli ebrei da quelle terre, nel 1510, stiamo approfondendo studi, ricerche e progetti sul Meridione con risultati notevoli dal punto di vista storico e antropologico. E proprio in questo contesto stanno emergendo tracce importanti del fenomeno dei conversos”. Gli studiosi che si addentrano in questo mondo si confrontano con famiglie in cui da secoli sopravvivono reminescenze, ricordi lontanissimi, pratiche di cui si è scordata da tempo l’origine: l’usanza di accendere
le candele al venerdì sera o di cuocere il pane azzimo a Pasqua, un certo modo di fare cucina, taluni gesti.
Sono abitudini che, dice rav Della Rocca, vanno indagate con cura per capire se racchiudono davvero una specificità ebraica. Ma certo inoltrarsi in quest’universo ancora velato di segretezza, fare i conti con quanti s’interrogano sulle loro radici lontane e su ciò che significano per il presente e per il futuro risulta tanto più suggestivo oggi, in tempi contrassegnati da identità in bilico. Ed è questo il secondo grande motivo per cui nella convention di primavera si parlerà di marranesimo. “Viviamo un momento in cui è fortissima la dissimulazione dell’identità ebraica – afferma il rav Roberto Della Rocca – Sono sempre più frequenti le forme di nascondimento mentre avanza il fenomeno dei cosiddetti ebrei invisibili che in molti modi celano la loro identità e la loro origine. Si tratta di una situazione per molti versi speculare a quella dei discendenti dei marranos che invece cercano di dare visibilità a un ebraismo sommerso e vogliono entrare a far
parte del mondo ebraico. Ed estremizzando il ragionamento si potrebbe anche affermare che esiste il pericolo di un marranesimo al contrario: ebrei esteriormente e qualcos’altro nella propria intimità. Riflettere su questi diversi aspetti è dunque molto intrigante”. A rendere la cosa ancor più stimolante concorre il fatto che il tema dei conversos dal mondo ebraico è sempre stato vissuto in modo conflittuale. Il marrano gioca infatti su una doppiezza tra pubblico e privato, è ebreo dentro casa e cattolico fuori. Costretto da un travagliato destino, considerato spesso un impostore e un eretico dai cristiani, e un traditore della sua gente. Ma se si tiene conto della forte costrizione esercitata su di lui e sui suoi familiari lo si può vedere invece come una persona forzata ad abiurare con la violenza e la minaccia: un uomo o una donna da comprendere e non da condannare.
“L’approccio ai conversos – spiega il rav Della Rocca – suscita da tempo una forte dialettica nelle coscienze ebraiche e sul tema c’è da sempre un dibattito all’interno dello stesso rabbinato. Nella scelta tra morte e conversione i marrani hanno risposto con una soluzione alternativa che ha assunto una portata collettiva, vivendo il paradigma di una doppia identità.
Una dimensione che ci rimanda alla Bibbia, alle figure per noi così importanti di Mosè e di Ester”. Figlio di una madre ebrea e cresciuto a palazzo come un egiziano, Mosè è il paradigma di un’identità doppia che si risolverà nel riconoscimento dell’essere ebreo. Proprio come accade a Ester, che vive in segreto il suo essere ebrea finché gli eventi la inducono a manifestarsi a protezione del suo popolo. Al di là delle suggestioni bibliche confrontarsi con i marrani comporta una serie di problematiche non da poco.
“La riammissione all’ebraismo non può affatto essere automatica – sottolinea infatti il rav – Si deve valutare la veridicità delle origini ebraiche, cosa non facile vista la distanza storica dalla conversione. E si deve poi capire se l’abiura è avvenuta sotto costrizione e minaccia della vita. La legge rabbinica prevede, in linea teorica, anche l’obbligo di mettere a disposizione la propria vita pur di non infrangere il divieto d’idolatria. Ma certo il caso dei conversos è del tutto sui generis”.
A confermarlo la preghiera, presente solo nel rito italiano, in cui si auspica che gli anusim (termine ebraico che alla lettera significa violentati e che indica i marranos) possano fare ritorno. Il rabbino la pronuncia al sabato mattina, dopo aver benedetto la comunità, prima di riporre il Sefer Torah nell’Aron HaKodesh. E’ un invito a chi ha dovuto allontanarsi e al tempo stesso un monito che rimanda a una riflessione sulla secolare storia ebraica.
Daniela Gross, Pagine Ebraiche, maggio 2010