Negba – Otranto, molte voci dal Mediterraneo

Opinioni a confronto per i tre esperti intervenuti al Castello Aragonese di Otranto alla conferenza Relazioni e intrecci tra le grandi culture del Mediterraneo, un dibattito che ha messo l’uno di fronte all’altro, il professor Alberto Melloni, professore di Storia contemporanea all’Università di Modena-Reggio Emilia, il professor Haim Baharier, matematico, studioso di ermeneutica biblica e di pensiero ebraico e il dottor Mouelhi Mohsen, vice vicario generale della confraternita dei sufi Jrrahi Halveti in Italia (nell’immagine da sinistra: Alberto Meloni, Victor Magiar, Haim Baharier e Mouelhi Mohsen).
Fra il pubblico seduto in sala, il sindaco Luciano Cariddi e il vicesindaco Francesco Vetruccio.
Il dibattito prende avvio partendo dal presupposto che le relazioni e gli intrecci fra le tre grandi culture del Mediterraneo siano occasione di conoscenza e di dialogo oltre che una sfida per lo sviluppo culturale sociale e politico di un paese, relazioni e intrecci che talvolta sfociano nel conflitto. “Sembra un tema di attualità – sostiene il Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Victor Magiar, – ma non lo è. Il Mediterraneo è un mare di incontro e contrariamente a quello che viene scritto non è un mare di conflitti” ha dissentito Magiar che ha ricordato la propria infanzia a Tripoli ed ha espresso nostalgia per il tempo della scuola elementare in una classe in cui si parlavano otto lingue e dove era facile frequentare le case degli amici che avevano religioni diverse, parlavano lingue diverse e ci si divideva il cibo portato dalla propria casa.
“Le religioni sono culture? Le culture sono religioni”, si domanda polemicamente il professor Alberto Melloni sostenendo che “sembra un evento con cui ci scontriamo per la prima volta ma non lo è, il fatto è che è cambiato il paesaggio perché sono aumentate le paure” e ricordando attraverso alcuni eventi della storia come dentro le stesse fedi ci siano state grandi esperienze di comprensione e grandi esperienze di antagonismo, le stesse rilevate da Muelhi Mohsen che sostiene che la pluralità si basa su vari elementi “quando ci troviamo di fronte a una persona possiamo analizzarla sotto vari aspetti: sesso, lingua parlata, cultura, nazionalità, religione. E’ con la religione che abbiamo problemi, io ho scoperto di essere musulmano in Europa perché a Tunisi, mio paese d’origine, vivevamo in relazione strettissima con una famiglia ebraica e una famiglia cristiana senza porci il problema senza fare distinzioni fra noi e loro”.
Con l’intervento del professor Haim Baharier l’obiettivo si sposta su alcune sollecitazioni filosofiche e filologiche in particolare sul concetto di popolo che in ebraico si dice ‘am’ (ain-mem) e che, dal momento che l’ebraico non è vocalizzato, ha la stessa radice di ‘im’ che significa ‘con’ e sui concetti di responsabilità, accoglienza, cittadinanza e identità . In particolare la responsabilità nei confronti del testo. “In nome della celebre frase ‘amerai il tuo prossimo come te stesso’ è stato commesso il peggio”, osserva Baharier spiegando che la traduzione letterale della frase ci porta a comprendere che non dobbiamo amare il prossimo come amiamo noi stessi, ma che dobbiamo suscitare l’amore del prossimo, dobbiamo cercare di farci amare. “Io sono costantemente responsabile se il mio prossimo non mi ama, devo guardare dentro di me e domandarmene il motivo”.
“In nome di D-o si sono commesse tante ingiustizie anche contro D-o” concorda Mohsen che conclude “Quando parliamo di cedere lo spazio dobbiamo capire cosa significa spazio dobbiamo capire che si può vivere in pace nell’accoglienza”

Lucilla Efrati