Simchat Torà – Separarsi dall’etrog
La festa di Sukkot è ormai agli sgoccioli. Poi sarà il tempo di smontare la Sukkà e abituarsi di nuovo a mangiare in casa, giusto in tempo per evitare i primi freddi.
Per una settimana abbiamo recitato la benedizione sul lulav, costituito da rami di palma, mirto e salice (lulav appunto, hadassim e aravot) legati insieme, che accompagnati dall’etrog, il cedro, rappresentano le arba’ah minim, le quattro specie, che è mizvà scuotere ogni mattina durante Sukkot in direzione dei quattro punti cardinali.
Come ogni anno sorge un dubbio pressante: cosa fare dell’etrog, frutto pregiato e pieno di qualità, ora che la festa è passata?
Apparentemente simile a un limone, il cedro si contraddistingue per il suo profumo intenso, la scorza ruvida e la forma più allungata. Colore e dimensione variano secondo le specie cui ci si trova davanti, che sono numerose e diversamente rinomate.
Ogni anno con l’inizio del periodo dei Chaggìm si scatena in tutti il mondo ebraico una vera e propria caccia all’etrog.
Da New York a Gerusalemme sorgono bancarelle ricolme di frutti gialli e verdi in tutte le zone ad alta densità ebraica, e ognuna lavora a modo suo. Ci sono i venditori con cui si contratta sul prezzo fino all’ultimo centesimo e quelli che consentono di portare a casa l’etrog prima di comprarlo per ricevere l’approvazione dal proprio rabbino. Già, perché per molti non basta che il cedro sia accettabile per compiere la mitzvà. Vogliono il migliore, quello che si avvicini il più possibile alla perfezione dei parametri indicati dall’Halachà.
Questi includono le dimensioni (un etrog deve essere grande almeno quanto un uovo di gallina, ma è preferibile che lo sia ancora di più) e la mancanza di graffi, macchie o impurità sulla scorza. Sono poi particolarmente, ricercati gli etroghìm che hanno mantenuto il picciolo.
Un frutto di grande valore spirituale dunque (nella simbologia legata al lulav, rappresenta il cuore dell’uomo, o l’ebreo virtuoso sia nelle parole che nei fatti), ma anche economico, considerando che i prezzi variano mediamente dai 25 ai 150 euro per etroghìm normali, e superano i mille per i più pregiati.
Un autentico business che vede l’Italia, e in particolare la Calabria, protagonista assoluta, grazie alla produzione del cedro Diamante (in ebraico Etrog Yanova, dalla città di Genova, attraverso il cui porto in passato questi frutti raggiungevano il resto d’Europa e gli Stati Uniti), che Rabbi Schneer Zalman di Ladi (1745-1812), il fondatore del movimento Chabad, dichiarò essere stato quello usato da Mosè nel deserto la prima volta che la festa di Sukkot fu celebrata.
Tutti gli anni tra luglio e agosto da Israele giungono nella provincia di Cosenza, nei centri di Diamante e Santa Maria del Cedro, numerose delegazioni allo scopo di selezionare i migliori esemplari di questi pregiatissimi frutti, preferiti dagli ebrei più religiosi per la garanzia di non avere mai subito innesti con alberi di limone, grazie alla lunga tradizione di controlli.
Il commercio dei cedri si svolge in buona parte sottobanco e sono moltissimi i rivenditori che li portano in Israele dall’Italia semplicemente chiusi in valigia, per poi smerciarli in nero, come ha raccontato uno di loro, attraverso le pagine del Jerusalem Post qualche giorno fa. Moshe, questo il nome fittizio che gli è stato attribuito, ha aggiunto che per la prima volta, quest’anno aveva deciso di importare regolarmente il carico, ma i suoi etroghìm sono stati irrimediabilmente rovinati dai pesticidi con cui i funzionari del Ministero dell’Agricoltura israeliano li hanno irrorati all’ingresso nel paese, causandogli una perdita di migliaia di dollari.
Proprio per evitare, ciascuno nel nostro piccolo, di buttare via un frutto così pregiato al termine di Sukkot, sono molteplici gli usi suggeriti, dalla marmellata alla scorza candita.
Noi vi proponiamo la ricetta della Torta di Etrog, con l’augurio di proseguire in dolcezza il nuovo anno.
Rossella Tercatin
Ingredienti per la Torta di etrog
Impasto:
1 etrog
Succo di una limetta
190 g di farina
15 g di lievito per dolci
Un pizzico si sale
60 g di margarina
100 g di zucchero
250 ml di succo d’arancia
Glassa:
120 g zucchero a velo vanigliato
1 cucchiaio di succo d’arancio
1 cucchiaio di mistura di scorza e succo preparata per l’impasto.
Preparazione:
– Preriscaldare il forno a 190°.
– Grattare la scorza dell’etrog e poi spremerlo per ottenere tutto il succo possibile.
Mischiare tutto insieme al succo di limetta e di arancio e mettere da parte un cucchiaio della mistura per la glassa.
– Setacciare la farina e aggiungere il sale e il lievito. Montare insieme zucchero e margarina fino a ottenere un composto spumoso. Aggiungerlo alla farina, insieme con la mistura di succhi e scorza, mescolando bene.
– Aggiungere le uova e mescolare fino ad ottenere un impasto omogeneo da versare in una tortiera a cerchio apribile da 24-26 cm di diametro unta con la margarina e infarinata.
– Fare cuocere per 45 minuti in forno già caldo.
– Per la glassa mescolare lo zucchero, il succo d’arancio e la mistura di scorza e succo fino a miscelarli, e versare il tutto sul dolce caldo.