Nuovi studi sul messianismo ebraico

È divenuta un’occasione di dibattito sull’ idea messianica, la presentazione del volume Il messianismo ebraico edito dalla Giuntina che raccoglie una serie di saggi in una prospettiva cronologica intorno al tema messianico nell’ebraismo.
Gli interventi del rav Benedetto Carucci e dei docenti universitari, Paolo Vinci, Giacomo Marramao e Elio Macassi, sono stati inframezzati dalla musica di Enrico Fink che ha suonato ballate e canti liturgici , interpretando poesie yiddish legate alla speranza messianica. Introducendo il dibattito Ilana Bahbout e Tamara Tagliacozzo, che insieme a Dario Gentili hanno curato il volume, hanno sottolineato, da un lato l’importanza di un continuo legame fra università e centri culturali ebraici quali il Centro Bibliografico e il Corso di Laurea in studi ebraici, dall’altro, come lo scopo del volume fosse un ritorno alle fonti tradizionali ebraiche nell’esame della figura messianica, fonti troppo spesso dimenticate nell’esame della filosofia novecentesca. Gli interventi dei docenti si sono concentrati, contravvenendo alle intenzioni dei curatori, sulla filosofia novecentesca. Il professor Marramao ha parlato di necessità di “reincantamento” della politica attraverso una responsabilizzazione messianica verso l’altro, mentre il professor Vinci ha sottolineato che il lato soggettivo della redenzione messianica è per Walter Benjamin filtrato dalla memoria. Rav Carucci prendendo spunto dal saggio di Alessandro Guetta presente nel volume ha affermato come non soltanto l’idea messianica sia stata marginalizzata nella storia ebraica ma anche, e forse più radicalmente, il concetto di Olam-abà, il mondo a venire. Secondo rav Carucci questa cancellazione costituisce il portato del timore di sovrapporsi ad altre concezioni religiose ma ha condotto a perdere la specificità della visione ebraica. Visione nella quale, se il tempo messianico è inserito nel tempo storico in un continuum spazio-temporale, così come codificato nella visione Maimonidea, radicalmente altro è invece il “tempo futuro”. Questo tempo oltre alla storia sarà caratterizzato da una eternità che non va confusa con un tempo infinito ma come una concentrazione di senso in un singolo istante. Rav Roberto della Rocca invece, intervenuto dal pubblico, si è posto in una posizione dialettica rispetto a rav Carucci, giustificando la ritrosia ebraica alla trattazione del tema, ricordando come paradossalmente ogni messia che si è presentato al popolo ebraico fosse un falso messia. Il rav ha ricordato cosa è scritto nel Talmud: “ Se stai piantando un albero e arriva il messia, termina di piantarlo e poi vai ad accoglierlo”, questo significa che l’arrivo del messia non deve distogliere dal quotidiano e dalle proprie responsabilità. Al termine il professor Campelli, direttore del Corso di Laurea in Studi ebraici, ha invitato a riflettere su una prospettiva sociologica della figura messianica e più in generale dell’ebraismo inteso quale religione dell’azione in un contesto comunitario.

Daniele Ascarelli