Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Per
chi vive le scadenze del calendario, non come mere commemorazioni, ma
piuttosto, come delle opportunità per rendersi protagonisti di quelle
stesse vicende, la contiguità tra Pesakh, Yom ha Shoah, il 25 Aprile,
Yom Haatzmaùt e Shavuot non è soltanto una prossimità temporale. Per
alcuni ebrei uscire dall’Egitto e da Auschwitz continua a significare
quella tentazione di normalizzazione del destino ebraico. Ma l’aria che
respiriamo in questi giorni è sempre più inquinata da un subdolo
antisemitismo che riesce ad accompagnarsi alla santificazione della
Shoah cacciando questa fuori dalla storia e servendosi di questa
tragedia per giustificare antichi rifiuti..
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
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Che
la ‘causa palestinese’ sia una piaga ormai purulenta non vi è dubbio;
lo è nel bene e nel male. Lo è perché è giusto che prima o poi vada
risolta e lo è perché più il tempo passa più le posizioni
anti-israeliane assumono forma e contenuti di un antisemitismo
difficilmente contestabile.
Risulta allora assai difficile distinguere fra chi non sopporta il
governo Netanyahu, chi non ama lo stato d’Israele tout court e lo
vorrebbe a mare, e chi, per una strana proprietà transitiva, non ama
gli ebrei sparsi per il mondo, e magari li vorrebbe tutti espulsi,
secondo antico costume della bella Europa, in un qualche stato lontano,
magari anche in Israele. Anzi, no: questo complicherebbe troppo la
situazione medio-oriental.
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25 Aprile, il rav Di Segni:
“Evitiamo i malintesi”
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“La
memoria può essere inquinata, annacquata, banalizzata. I problemi di
oggi meritano tutta la nostra attenzione alla luce delle lezioni del
passato, ma bisogna evitare confusioni e malintesi”.
Lo ricorda, in una riflessione sul 25 Aprile pubblicata sul Corriere della sera, il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni.
“Oggi l’attualità è anche quella di sanguinose guerre nel Medio Oriente
(nel senso di Siria e Iraq). Ma l’attenzione retorica e fuorviante si
concentra solo sulla Palestina, con inviti ufficiali di sezioni locali
dell’Anpi, in ossequio a un modulo interpretativo grossolano che oppone
i buoni contro i cattivi, gli oppressi contro gli oppressori. Per
questo – sottolinea il rav – molti ebrei non accettano che si metta
sullo stesso piano ideale la lotta di liberazione antifascista con
un’interpretazione approssimativa e parziale del conflitto
mediorientale”.
Nella sua riflessione, anche un riferimento alla recente equiparazione
tra campi di concentramento e campi profughi prodotta da Papa
Francesco. Sottolinea il rav Di Segni: “Per noi i campi di
concentramento sono stati l’anticamera dei campi di sterminio, senza
via di scampo. E chi si occupa dell’ordine pubblico spesso davanti a
criminalità comune non può essere messo sul piano di una guardia
nazifascista. La memoria esige cautela.
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WORLD JEWISH CONGRESS
Lauder, confermato al timone
Noemi Di Segni è vicepresidente Terzo mandato consecutivo alla guida del World Jewish Congress per Ronald Lauder (nell’immagine).
Così si sono espressi gli oltre trecento delegati che, da tutto il
mondo e in rappresentanza di 90 paesi, hanno partecipato all’assemblea
plenaria del Congresso che va concludendosi a New York.
“Ho fatto tante cose nella mia vita, ma non c’è nessun risultato,
nessun titolo, nessun onore di cui possa essere più orgoglioso di
questo. Siamo un popolo, in cui ciascuno si prende cura dell’altro” ha
sottolineato Lauder, rivolgendosi alla platea dopo la nomina.
Tra i cinque vicepresidenti scelti in rappresentanza di Comunità
ebraiche nazionali, la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Noemi Di Segni (che è anche membro del nuovo Consiglio
esecutivo).
“Si tratta di una grande opportunità per l’Italia, che ha avrà la
possibilità di condividere in modo ancora più stretto alcune delle
principali sfide e criticità che attraversano trasversalmente
l’ebraismo mondiale” sottolinea Di Segni. A New York, per l’Italia
ebraica, anche i Consiglieri UCEI Giacomo Moscati e Cobi Benatoff (con
quest’ultimo che è membro del nominating committee del World Jewish
Congress).
Tra i temi su cui è focalizzato l’intervento di Lauder la lotta
all’odio, all’antisemitismo e alla delegittimazione di Israele. “Oggi –
ha affermato – c’è una nuova forma di antisemitismo. Oggi, gli
antisemiti attaccano l’unico Stato ebraico al mondo. Perché un conto è
dissentire dalle iniziative politiche intraprese da Israele, un altro
augurarsi la sua eliminazione. In questo caso si è antisemiti a pieno
titolo”. Leggi
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25 aprile
Il Capo dello Stato Mattarella:
"Onore alla Brigata Ebraica"
“Vi
furono uomini liberi che sbarcarono nell’Italia occupata e versarono il
loro sangue anche per la nostra libertà. A questi caduti, provenienti
da nazioni lontane, rivolgiamo un pensiero riconoscente. Il loro sangue
è quello dei nostri fratelli. Tra questi non possiamo dimenticare i
cinquemila volontari della Brigata Ebraica, italiani e non, giunti
dalla Palestina per combattere con il loro vessillo in Toscana e in
Emilia-Romagna”.
Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso
tenuto questa mattina a Carpi, in occasione dell’evento “25 Aprile.
Festa della Liberazione: tra la storia dei padri e il futuro dei
figli”. Intervento molto atteso, che precede la visita pomeridiana
all’ex campo di concentramento di Fossoli (dove ad accoglierlo ci sono
tra gli altri il Presidente del MEIS Dario Disegni e il Consigliere
UCEI David Menasci).
Ha sottolineato il Presidente Mattarella: “Oggi a Carpi intendiamo
particolarmente onorare, con la presenza e con il ricordo, le vittime
di uno dei luoghi simbolo, in Italia, di quella violenza che la lucida
follia del nazifascismo aveva eretto a sistema: il campo di Fossoli. In
quelle baracche di legno, a pochi chilometri da qui, si consumò un atto
decisivo della tragedia umana e familiare di migliaia di persone:
perseguitati politici, oppositori del regime, ebrei, uomini della
Resistenza”.
Tra le figure che il Capo dello Stato ha voluto ricordare alcuni
giganti della Memoria come Primo Levi, Piero Terracina e Nedo Fiano. Leggi
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25 aprile a roma
"Inevitabile la separazione
dal corteo dell'Anpi”
Una separazione dolorosa, ma inevitabile.
Dal palco allestito in via Balbo, di fronte a quella che fu la sede
della Brigata Ebraica nella Capitale, la Presidente della Comunità
ebraica Ruth Dureghello racconta perché questo 25 Aprile, come lo
scorso, si è deciso di celebrarlo senza partecipare al tradizionale
corteo dell’Anpi.
“Non è una scelta facile quella della verità. La verità storica, la
verità degli esempi. Perché ci fu chi lottò per liberare l’Europa del
nazifascismo, e chi invece a quel tempo era alleato di Hitler. Noi
sappiamo con chi stare” sottolinea Dureghello, inaugurando con queste
parole il presidio organizzato dalla Comunità insieme all’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane.
“Vorrei che fosse l’ultimo 25 Aprile celebrato così, ma non siamo stati
noi a volere questa rottura. Tanti episodi del passato, tra cui le
ignobili offese rivolte da alcuni al Testimone della Shoah Piero
Terracina, ci hanno portato a prendere questa decisione” conferma il
rabbino capo Riccardo Di Segni, che a questi temi ha dedicato oggi un
editoriale sul Corriere della sera.
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25 aprile a milano - isolati i contestatori
Passa la Brigata: applausi
Più
numeroso dello scorso anno il corteo che ha sfilato orgogliosamente
dietro ai vessilli della Brigata Ebraica a Milano per questo 25 aprile.
E di contro, come confermano le autorità a presidio della sicurezza
della manifestazione, molti meno i facinorosi che avrebbero voluto
rovinare questo giorno di festa contestando la Brigata e armati di
bandiere palestinesi. Questi, sono rimasti di fatto isolati e molto più
rumorosi sono stati gli applausi che hanno accolto la Brigata.
A guidare lo spezzone che ricordava i cinquemila ebrei partiti
volontari dalla Palestina mandataria per liberare l'Italia dal
nazifascismo, i vertici della Comunità ebraica: a fare da aprifila, il
gonfalone dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane portato dal
vicepresidente UCEI Giorgio Mortara, e i presidenti della Comunità
ebraica milanese Raffaele Besso e Milo Hasbani, affiancati da diversi
consiglieri della Keillah di Milano. City Angels e 'l gruppo “Noi
patrioti d'Europa' composto dai militanti del Pd e non solo, con
magliette, cappellini e bandiere blu dedicate all'Ue hanno fatto da
scorta. A inizio manifestazione, a cui ha partecipato anche il
presidente del Senato Pietro Grasso, a portare i suoi saluti e
testimonianza di vicinanza alla Comunità ebraica e ai colori della
Brigata il sindaco di Milano Giuseppe Sala.
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La ricerca, la guerra |
Qualche
settimana fa ho visitato il museo della Seconda Guerra mondiale di
Boston, in un sobborgo della città. Ci sono finito per caso, su
suggerimento di Coralie Bonnet, un’amica belga che gestisce il museo di
Bastogne, città teatro di un epico scontro bellico. E così ho scoperto
un personaggio notevolissimo, Kenneth W. Rendell, di cui il museo è in
realtà parte della collezione personale. Nato nel 1943, ancora ragazzo
scoprì che gli oggetti hanno un valore: si poteva ad esempio comprare
uno scellino antico e rivenderlo guadagnandoci, e in più
divertirsi.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie – L’atlante delle stragi |
Un
lavoro di ricerca durato anni che, dopo il portale web e il convegno
internazionale svoltosi a settembre 2016, finalmente approda in
libreria, con un corposo saggio intitolato Zone di guerra, geografie di
sangue. Le stragi naziste e fasciste in Italia (1943-1945), per i tipi
del Mulino, a cura di Paolo Pezzino e Gianluca Fulvetti.
È la conclusione del progetto di ricerca promosso da Anpi e Insmli e
finanziato dal Governo tedesco, che ha coinvolto 130 ricercatori e ha
portato a censire tutte le stragi compiute sul suolo italiano durante
il periodo della Repubblica di Salò e dell’occupazione tedesca: un
totale di 5.616 episodi di violenza con ben 23.720 vittime.
Mario Avagliano
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Con la Brigata
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Nel
Corso della Seconda guerra mondiale circa un milione e mezzo di ebrei
combatterono nelle fila degli eserciti alleati e nella resistenza
contro l’oppressione nazifascista. La liberazione dell’Italia fu anche
il risultato della lotta di persone giunte dal futuro Stato di Israele
al seguito dell’esercito britannico. Sino al 1944 a quei giovani non fu
permesso di portare dei simboli propri.
David Meghnagi, Università di Roma Tre
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