I giornali di oggi, Sarkozy protagonista

Giornata apparentemente tranquilla, oggi, sugli scenari internazionali, Caucaso permettendo. Giornata forse produttiva per le possibilità di un processo di pace in Medio Oriente. La nuova star della politica mondiale Nicolas Sarkozy, cercando di interpretare da protagonista il suo attuale ruolo di presidente di turno della UE, giunge in Siria accompagnato dal ministro degli esteri Kouchner, per ricambiare la recente visita di Assad a Parigi in occasione del lancio della nuova Unione Mediterranea, altra iniziativa politica del vulcanico Presidente francese. Il quale sarà certo un inguaribile ambizioso alla ricerca della gloria personale, ma non difetta di creatività e progettualità, giustamente convinto che – soprattutto in questa fase di transizione pre-elettorale e di sostanziale assenza internazionale degli USA – tocchi all’Europa prendere il timone della politica per tentare di sciogliere nodi vecchi e nuovi dello scacchiere mondiale. Sono soprattutto “Avvenire” e “Il Sole 24 Ore” a sottolineare il ruolo forse poco appariscente ma significativo di questa visita, nel quadro di una politica sapientemente volta a riabilitare la Siria agli occhi del mondo, a spingerla verso la trattativa autentica con Israele, e potenzialmente a distaccarla dallo stretto e problematico legame con l’Iran. Daniele Zappalà sull’ “Avvenire” e l’anonimo corsivista del “Sole” insistono entrambi sul carattere di piccolo summit che questo incontro può assumere, vista la contemporanea presenza a Damasco del leader turco Erdogan – con la Turchia mediatrice tra Siria e Israele nelle trattative indirette ancora in corso tra i due Paesi – e dell’emiro del Qatar al-Thani. Infatti l’agenda di questi giorni prevede un significativo vertice a quattro. Oltretutto, nota “Il Sole 24 Ore”, tranne Erdogan gli altri premier non rappresentano solo se stessi, bensì anche l’Unione Europea, la Lega Araba e il Consiglio per la Cooperazione del Golfo. Tutto lascerebbe pensare dunque a consultazioni importanti, proprio in vista della ripresa dei colloqui indiretti tra Israele e Siria, che domenica si accingono a trattare il problema cruciale dei confini sul Lago di Tiberiade. Consultazioni importanti anche perché, fa notare il “Sole”, ci sono “arrivi e partenze” da Damasco: se la partenza da Damasco del leader di Hamas Meshal e il suo trasferimento a Kartoum fossero definitivi il passaggio della Siria sul fronte della pace sarebbe davvero credibile. A gettare acqua sul fuoco è però Israele, attraverso il suo portavoce diplomatico Yigal Palmor, che invita alla calma e vede nel nuovo atteggiamento siriano un semplice cambiamento di tono e non di sostanza politica. Seguiremo i prossimi sviluppi. Certo è ben difficile che la Siria abbia la forza e l’autonomia, nonché l’effettiva volontà politica, di sganciarsi dall’Iran e dalla sua interessata protezione.
Mentre comunque qualcosa sembra muoversi, direttamente o indirettamente, persino nei finora immobili e gelidi rapporti tra Israele e Siria, a uno scetticismo di fondo sulla questione israelo-palestinese ci induce un lungo e importante articolo di Isabel Kershner, che sull’ “Herald Tribune” rileva e analizza la progressiva perdita di speranza dei palestinesi nei confronti della soluzione negoziata del conflitto volta ai “due Stati per due popoli”. La mancanza di prospettive concrete genera evidentemente tendenze radicali.
L’assenza e la transizione pre-elettorale americane di questo periodo sono a loro volta un evento per la politica mondiale, come ben sappiamo. La convention repubblicana di St. Paul, che l’uragano degradato Gustav ha insieme ridimensionato e trasformato in dimostrazione di solidarietà interessata, ci offre – sulle pagine dei quotidiani – due ritratti contrastanti: sul “Foglio” quello dell’ “Uragano Palin che arriva su St. Paul e travolge la stampa liberal”; sul “Riformista” quello di Joe Liberman, “lo snob incubo dei democrat”. Da un lato una candidata vicepresidente inattesa e forse scomoda ma prorompente come una forza della natura, impegnata a difendersi da accuse pesanti come trascorse simpatie filonaziste e recenti appoggi all’antisemita Pat Buchanan. Dall’altro un raffinato ex-democratico ed ex-indipendente, colto rappresentante dell’intellighenzia ebraica oggi schierato tra i sostenitori di McCain e capace forse di fargli conquistare le simpatie e i voti di molti democratici delusi (sostenendo fra l’altro che McCain e non Obama è “il nuovo Bill Clinton”).
In ambito culturale e storico, mentre ci accingiamo a vivere domenica la giornata europea della cultura ebraica, le pagine di cronaca milanese del “Corriere della Sera” ricordano che domani 5 settembre è il settantesimo anniversario del Regio Decreto Legge che cacciò dalla scuola italiana migliaia di alunni ebrei. Lo fanno con un bell’articolo, che affianca la voce forse troppo buonista e assolutoria di Gabriele Nissim (le leggi razziali furono secondo lui prodotte solo da “opportunismo politico”) a quella preoccupata di Liliana Segre, ex-deportata ad Auschwitz che con intelligenza e amarezza nota assonanze tra la supina accettazione del 1938-39 e una certa indifferenza di oggi. Ma perché sono solo le pagine di cronaca del “Corriere” a ricordare ai lettori il tragico avvio delle leggi razziali?
Ancora nella prospettiva della speciale giornata di domenica, la presenza ebraica nell’Italia meridionale è al centro di un servizio della “Gazzetta del Mezzogiorno”, che annuncia le coinvolgenti iniziative previste a Bari, nell’attuale Comunità Ebraica di Trani e a Sannicandro Garganico, che nella prima metà del Novecento fu – come è noto e come ci narra il libro Mosè in Puglia – luogo di formazione di un nucleo di “nuovi ebrei” saliti in Israele dopo la seconda guerra mondiale.

David Sorani