cultura / leggi razziste

Ieri c’è stata la Giornata della Cultura ebraica, un successo come sempre, secondo le prime valutazioni. “Capofila” insieme a Milano era Mantova, dove ero presente al mattino e ho visto la partecipazione non solo formale ma anche condivisa e spesso commossa di autorità e pubblico.
A Mantova per l’occasione si presentava un volume molto pregevole sui cimiteri ebraici del Mantovano, un’opera di notevole importanza storica. Ma proprio questa circostanza deve far riflettere.
Mantova ebraica purtroppo oggi è, con i circa suoi 60 iscritti e un passato glorioso, con le Sinagoghe autodemolite, l’emigrazione, la Shoà e tutto il resto, e malgrado gli sforzi dei suoi dirigenti, una comunità al limite dell’estinzione, dove il prodotto culturale rilevante è un volume sui cimiteri. Bisogna comprendere il senso allarmante di questo dato. La Giornata della Cultura rischia di diventare un’elegante passerella su un passato glorioso. Le priorità dell’ebraismo italiano, che malgrado tutto è vitale, sono altre.

Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

E’ un anniversario importante: sessantacinque anni fa, l’8 settembre del 1943, veniva annunciato l’armistizio. Le divisioni tedesche occupavano due terzi dell’Italia. L’esercito italiano, abbandonato a se stesso, si sfasciava. Molti militari sarebbero finiti in prigionia in Germania, altri fra i partigiani.
Per gli ebrei, cominciava la fase della persecuzione delle vite, distinta da quella precedente della persecuzione dei diritti, per usare la formula efficace di Michele Sarfatti.
Il governo Badoglio, nei 45 giorni trascorsi prima dell’8 settembre, non aveva fatto nulla per preparare una via di scampo agli ebrei italiani, nonostante fosse noto il rischio che correvano. Invano, le organizzazioni ebraiche internazionali avevano chiesto che gli ebrei presenti in Italia fossero trasferiti al Sud.
Degli ebrei si occupò la Repubblica di Salò, con a capo Mussolini, quando iniziò, nel novembre, ad arrestarli e a consegnarli ai nazisti. Senza questa collaborazione attiva di Salò, i nazisti non avrebbero avuto la possibilità, lo riconobbero essi stessi, di organizzare l’arresto e la deportazione degli ebrei italiani, di quegli ottomila ebrei morti nei campi.

Anna Foa, storica