Sfogliando i giornali, voci a confronto

Le recenti dichiarazioni del sindaco di Roma Alemanno e del ministro della difesa La Russa rivelano, nel cuore di Alleanza Nazionale, rivendicazioni orgogliose di appartenenza fascista, rilanciando difese ideali di identità nostalgiche che la svolta di Fiuggi e i successivi passi di Fini (sino al viaggio a Gerusalemme nel 2003) non sono mai riusciti a sconfiggere. L’inquietante fatto nuovo è che personaggi di tali convinzioni si trovano oggi in posizione di governo, a livello nazionale e a livello locale, e che le loro esternazioni possono dunque apparire – per la posizione da cui sono lanciate – come una sorta di modello istituzionale, in stridente raccapricciante contrasto con la Costituzione, cioè coi fondamenti stessi delle nostre istituzioni. Del resto Alemanno e La Russa toccano purtroppo corde ricorrenti, sollecitano nervi scoperti: e il rischio è quello della diffusione, specialmente fra i giovani, di una visione falsificante e prefabbricata, nel complesso assolutoria, del ventennio di dittatura fascista. E’ naturale dunque che i giornali di oggi riprendano ancora questo tema per analizzarne matrici e contenuti, per commentarne significati e sviluppi.
Illuminante l’intervento di Salvatore Carrubba sul Sole 24 Ore, che rispetto alle parole di Alemanno (le leggi razziali sono il male assoluto, non il fascismo che merita un discorso più complesso) critica ogni “giudizio algebrico” sui regimi politici volto a stabilire valutazioni complessive: non si tratta di fare la somma di elementi positivi e di elementi negativi, ma di cogliere il contributo dato dall’intero sistema fascista (di cui le leggi razziali sono solo l’estremo prodotto) al modello totalitario, cioè alla negazione dell’individuo, alla persecuzione delle minoranze, all’asservimento delle coscienze, alla violazione dei diritti lockiani a vita-proprietà-libertà, alla deformazione del diritto, all’annientamento del modello politico-sociale fondato su libertà e democrazia. Citando Isaiah Berlin, Carrubba denuncia i rischi di un relativismo di fondo per cui ciascuno può “vivere a modo suo” e che in realtà ci spoglia di ogni possibilità di condanna morale verso dittatori del passato e del presente. Un discorso che naturalmente vale anche nei confronti del totalitarismo comunista, di cui peraltro lo stesso antifascismo è stato – nel secondo dopoguerra – una sorta di acritico difensore, come sosteneva un altro grande intellettuale quale François Furet.
Sergio Soave su “Avvenire” è meno severo (e forse anche meno penetrante) nei confronti delle parole del sindaco di Roma. Esse rappresentano, per lui, un errore sgradevole, foriero di equivoci e di pesanti conseguenze politiche tra cui il tramonto della commissione mista per la capitale, ma non vanno interpretate come un autentico giudizio storico: devono dunque essere ridimensionate, anche se occorre sempre vigilare.
L’analisi di Fabrizio d’Esposito sul “Riformista” si spinge oltre il discorso storico-identitario per investire l’ambito della strategia politica nella maggioranza. Parlando oggi stesso alla Festa Nazionale dei giovani di AN in corso a Roma, Fini ribadirà probabilmente la sua precedente definizione di “fascismo come male assoluto”: e lo farà per riguadagnare spazio politico dopo la sgradita (e sacrosanta) reprimenda che il Presidente Napolitano ha lanciato dalla Finlandia; lo farà per contrapporsi al rischio di un’egemonia interna della Lega determinata dalla linea del federalismo; lo farà per farsi alfiere di un “federalismo tricolore” in nome dell’unità nazionale. Come dire che dietro al più smaccato revisionismo storico ci sta una battaglia interna al PdL e a tutto il centrodestra, la ricerca di “smarcamenti” di potere e di identità, nonché la rivendicazione di un possibile equilibrio tra partito del capo carismatico e meccanismi di divisione del potere. E per tutto questo si distorce la verità storica e il significato della Costituzione?
Ma c’è anche chi ci cade, e all’interpretazione alemanniana (o larussiana) della storia pare dare veramente credito. Giancarlo Perna sul “Giornale” concorda con la visione “double face” o “a macchia di leopardo” del fascismo presentata ingenuamente dai post-fascisti di oggi, prendendosela col Rettore dell’Università Lateranense monsignor Fisichella che giustamente rilevava giorni fa come le leggi razziali “siano” il fascismo e costituiscano un prodotto del sistema totalitario, non un incidente della storia. Il passato filofascista della Chiesa del Ventennio, il Concordato stesso darebbero invece torto al prelato di oggi: modo singolare di giudicare le posizioni cattoliche dei nostri giorni, invocando come punto di riferimento il “principio d’autorità” e l’allineamento al pontefice di allora! Ma evidentemente il giudizio dell’articolista è qui oscurato dal dovere di allineamento filo-partitico e filo-governativo.
E che dire di un revisionismo ebraico? Pare incredibile, ma esiste. Sulla scia dell’ “Industria dell’Olocausto” di cui Finkelstein ci parlava qualche anno fa, Ariel Toaff, non pago del guasto provocato dalle sue “Pasque di sangue”, nell’ultimo saggio “Ebraismo virtuale” rilancia l’accusa di “culto della memoria”, un vizio che a suo giudizio rischia di danneggiare e appiattire la cultura ebraica. Dopo l’articolo di Mauro Baudino comparso qualche giorno fa sulla “Stampa” , ne leggiamo oggi in forma critica sul Riformista” . Luca Mastrantonio denuncia come ben più gravi i rischi dell’oblio, nonché il carattere di “industria dell’anti-Shoah” che paradossalmente questa posizione pare assumere.
Gli articoli sul e dal Medio Oriente non ci riservano oggi particolari novità. Leggiamo comunque alcuni approfondimenti interessanti. Il commento di Fiamma Nirenstein su “Panorama” , volto a spiegare il personaggio Olmert e la sua ritrosia ad abbandonare, anche dopo l’annuncio di dimissioni, il suo ufficio di premier. Il servizio di Meron Rapoport su “l’Espresso” , che in una efficace panoramica presenta le posizioni di Kadima (la fermezza difensiva di Mofaz, il pragmatismo un po’ ambiguo della Livni) alla vigilia delle primarie per la candidatura a leader, con la spada di Damocle di elezioni forse inevitabili. La nota di Michelangelo Cocco sul “Manifesto”, ben attento a riprendere una rivelazione di “Ha’aretz” secondo la quale Israele trattava sino a poco fa con gli USA la concessione di spazi aerei in Iraq per bombardare l’Iran e l’acquisto di bombe e aerei di ultima generazione: di suo, “il Manifesto” aggiunge un giudizio politico teso a dare credito alla versione di Teheran sulla produzione di energia atomica per “uso pacifico” e a contestare l’isolamento internazionale del regime di Ahmadinejad. Niente di nuovo sotto il sole. Infine Valeria Brigida sul “Riformista” richiama la nostra attenzione sulla fragile situazione libanese, dopo l’ennesimo omicidio politico che ha eliminato il druso Saleh Aridi, vicino alle posizioni di Hezbollah.

David Sorani