Zwi Perez Chajes / simpatie

Apprendiamo dalla stampa che ieri è stata inaugurata a Vienna la nuova scuola ebraica (non so di quale orientamento) che porta il nome di “Zwi Perez Chajes”. Si vuole ricordare con questo nome colui che fu per breve tempo il rabbino capo di Vienna agli inizi degli anni venti, fino alla sua scomparsa improvvisa e prematura. L’orazione funebre a Vienna in quell’occasione fu tenuta dal fiorentino rabbino e professore Moshè – Umberto Cassuto che era stato suo allievo. Chajes infatti era stato, agli inizi del novecento, docente prestigioso al Collegio Rabbinico di Firenze guidato da Rav Margulies, contribuendo a formare la nuova classe rabbinica italiana. Da Firenze era passato a fare il rabbino a Trieste (ancora sotto il dominio austriaco) e di qui a Vienna. Chajes discendeva da un’illustre dinastia rabbinica; i commenti di un suo antenato compaiono nelle comuni edizioni di Talmud e si distinguono per un eccezionale rigore critico. Lo stesso rigore, anche caratterialmente spigoloso, che caratterizzò l’opera e l’insegnamento del nipote Zwi Chajes, e che lo fece guardare con un certo sospetto dagli ambienti più ortodossi e che a quanto pare gli precluse una carriera nella Università Ebraica di Gerusalemme appena fondata. La storia culturale dell’ebraismo italiano, e di quello rabbinico in particolare, è molto debitrice a questo personaggio.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

“Ad alcune persone certi paesi sono più simpatici e altri meno. Per ciascuno di quelli che le leggerò, mi dica in che misura le è simpatico”.
E’ il grafico con cui si apre un’inchiesta presentata ieri dall’Aspen Institute Italia e realizzata dall’Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione (ISPO) dal titolo “L’immagine di Israele tra gli italiani”. Suddividendo in modo secco l’area “simpatia” da quella “antipatia” e eliminando i “non so”, si hanno questi risultati percentuali:
Francia: simpatico 72, antipatico 27;
Germania: 66; 33
Stati Uniti: 55; 34
Israele: 44; 53
Russia: 32; 67
Cina: 27; 71
Iran: 13; 84
In sé il dato non è terribile. Dal resto dell’inchiesta si capisce che quel giudizio nasce da una scarsa conoscenza delle diverse realtà ed è l’effetto di un dato emotivo molto forte. In altri tempi sarebbe andata peggio.

David Bidussa, storico sociale delle idee