Un dialogo tra Nathan Englander e Etgar Keret inaugura il Festival di Letteratura Ebraica

Due scrittori trentenni di successo strepitoso, l’americano Nathan Englander e l’israeliano Etgar Keret per un dialogo serrato e a tratti ironico su ebraismo, scrittura, frontiere e trasgressioni. Si è inaugurato così questa sera a Roma alla Casa dell’Architettura il primo festival internazionale di letteratura ebraica che fino a mercoledì proporrà incontri con gli autori e dibattiti. In una sala traboccante di pubblico, tra cui il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e il rabbino capo Riccardo Di Segni, Englander e Keret, accomodati su divanetti rosso fuoco da talk show, hanno dialogato con Shulim Vogelmann, curatore della manifestazione insieme ad Ariela Piattelli e Raffaella Spizzichino. I due, voci tra le più innovative dello scenario letterario ebraico degli ultimi anni, hanno ricostruito i primi passi nel mondo della scrittura (per Keret avvenuti dopo il suicidio di un amico durante l’esercito) e il senso dello scrivere (“sono stato educato in una yeshiva attraverso le storie di Abramo e di Isacco, che per me erano persone in carne e ossa”, ha ricordato Englander). Poi il ruolo dell’ebraismo nella loro arte (“sono stato allevato negli Stati Uniti come un ebreo di quarta generazione, che si sentiva molto ebreo – ha detto Englander – Poi a Gerusalemme non mi sono più sentito tale. La questione che mi ossessiona è proprio quella della frontiera e dell’identità”) e il senso della trasgressione (per Keret “elemento di grande importanza morale, perché valicare la linea ci rende consapevoli della sua esistenza e della possibilità di superarla”).

Daniela Gross