studio/mondo

“Rabbàn Gamliel …..dice: è bello lo studio della Torà quando è accompagnato da un’occupazione pratica ….mentre ogni studio di Torà che non è accompagnato da un’occupazione pratica finisce per annullarsi…..” (Pirqè Avòt, 2; 2)
La determinazione del giusto equilibrio tra studio della Torà e occupazione pratica ha suscitato da sempre nel mondo rabbinico animate discussioni. La preoccupazione costante dei nostri Maestri è che lo studio della Torà non sia vissuto come un esercizio accademico o esclusiva acquisizione di una conoscenza intellettuale e men che meno strumento di qualsiasi forma di potere. Lo studio della Torà è bello solo se sempre legato ai problemi quotidiani, agli aspetti correnti della vita e alle necessità della società.
E’ quindi un preciso dovere di ogni ebreo dedicare parte del proprio tempo e delle proprie energie a questo studio sempre nell’ambito della realtà umana e sociale. In questo senso studiare Torà significa anche sapersi accollare il peso di soddisfare i bisogni propri come anche quelli di tutti coloro che hanno fatto di questo studio lo scopo principale della loro vita.

Roberto Della Rocca, rabbino

Ci avviciniamo a Rosh Hashanà e davvero quest’anno il mondo che viene sembra così
diverso. Più grande e più piccolo al tempo stesso. Crisi finanziarie, ali italiane (quasi) a terra, turismo insidiato da banditi e/o terroristi, per non parlare dei terroristi senza mentite spoglie a Islamabad e del rapimento di massa ieri in Afghanistan. Fra parentesi, a proposito di quanto è accaduto in Egitto, Israele si è trovata ancora una volta di fronte al mesto “l’avevo detto”: una settimana fa lanciò l’allarme per i suoi turisti laggiù in quel paese confinante. Questo e tanto altro ci raccontano un mondo dove le distanze si fanno sempre più grandi. Altro che globalizzazione: il presentimento è che d’ora in poi vivremo sempre meno in un mondo ch’è tutto paese. In un mondo, anzi, dove colmare lontananze sarà sempre più difficile.

Elena Loewenthal, scrittrice