fratellanza/razzismo
“….Hillel dice: non ti separare dalla collettività…” (Pirqè Avòt, 2; 4 ). In questi giorni dell’anno il ritrovarci insieme ad altri nostri fratelli ci rende più consapevoli del fatto che essere ebrei significa sentirsi eredi di un patrimonio e di un destino che superano la nostra individualità e che sarebbe impossibile vivere da soli un’autentica vita ebraica. Al di là delle opinioni, dei convincimenti, del modo di essere, di vivere e di sentire che a ciascuno è proprio, l’atmosfera di queste giornate dovrebbe spingerci a riscoprire quel valore molto grande della nostra Tradizione: quello della “Aavat Israel”, l’amore verso i propri fratelli.
Questo amore, se riusciremo a recuperarlo e a rafforzarlo, non potrà non tradursi in un desiderio di avvicinare, accogliere e meglio conoscere l’altro come partecipe di un’eredità comune che, al di là delle apparenze, connota profondamente la sua complementarietà alla Keneset Israel, la comunità d’Israele.
Roberto Della Rocca, rabbino
Cresce in Italia il razzismo: neri morti ammazzati dalla camorra, un ragazzo pestato dai vigili, un cinese picchiato da una banda di ragazzini. Episodi continui d’insofferenza ed aggressività. Ci domandiamo se gli italiani sono davvero ridiventati razzisti. Se, settant’anni dopo le leggi razziali e cento e più anni dopo l’affermarsi in tutta Europa di una vera e propria cultura della razza, che pensavamo sepolta dai terribili eventi del Novecento, non si stia nuovamente diffondendo l’idea dell’esistenza delle razze, della loro distinzione in razze superiori ed inferiori. In ogni caso, la parola “razza”, fino a poco tempo fa bandita, sembra tornare in auge.
Che fare? esistono argomenti razionali contro il razzismo, o alla sua base vi è un nucleo duro di paura viscerale che si colloca al di là di qualunque discorso razionale? Serve insomma l’uso della ragione, per combattere il razzismo? A queste domande non abbiamo risposte, solo tremori, ansie, preoccupazioni, in questi giorni di riflessione e bilanci.
Anna Foa, storica