condivisione/silenzio
Nel pomeriggio del digiuno di Kippur appena trascorso si è letto il libro di Giona. La storia è nota, e ricorda – mi si passi il paragone – quella di Pinocchio. Scendere nelle profondità del mare dentro la pancia di un pesce, forse metafora della discesa in sé stessi, genera una trasformazione: Giona adempierà al suo compito, dal quale tentava di fuggire, e Pinocchio diventerà bambino.
La tradizione rabbinica nota però una stranezza testuale: il pesce che ingoia Giona è maschio, quello che lo rigetta sulla spiaggia, dopo la preghiera, è femmina.
Per pregare ed ottenere ascolto non si può essere soli: solo il ventre del pesce femmina, uterino e affollato, fa percepire la ristrettezza e al contempo la necessità di condivisione.
Benedetto Carucci Viterbi, rabbino
E’ probabile che molti andranno giovedì prossimo a Portico d’Ottavia nell’anniversario del 16 ottobre, per testimoniare del loro “mai più”. E’ giusto. Ma non è sufficiente.
In un’epoca calma, prima che le parole malate della xenofobia corressero tranquille di bocca in bocca, senza suscitare particolari pruriti, tutto questo sarebbe stato sufficiente. Giovedì non sarà sufficiente. Parlare solo del passato serve solo a chi non vuol fare i conti con la durezza, la violenza e anche il pregiudizio in atto nel presente. Ora. Non si entra, né si esce innocenti nella e dalla storia. Il passato parla al presente solo se non si fa finta di vivere in un presente che non c’è. E quel passato parla al nostro presente proprio per il silenzio che accompagnò quei giorni. Un silenzio che fu di molti. E’ quel silenzio il tema su cui riflettere. Quello di allora e quello di ora..
David Bidussa, storico sociale delle idee