studio/destra

“…la persona ignorante non può essere pia…” (Pirqè Avòt, 2; 5)
Spesso si sente dire che il sentimento e la fede si addicono maggiormente a persone ignoranti e di scarsa cultura. Questa massima ci invita a riflettere, invece, come nella Tradizione ebraica il sentimento e la fede, virtù peculiari per un Chasid, una persona pia, sono inscindibili da una continua verifica intellettuale. Non a caso i Rabbini, ponendo lo studio a norma fondante, concludono con il principio che in rapporto a tutti gli altri precetti ” lo studio della Torà vale come tutti gli altri messi insieme”. Lo studio non è quindi solo un’opzione nella pratica religiosa, ma piuttosto un dovere preciso, per realizzare il quale ciascuno deve fare in modo di trovare spazi temporali fissi e insegnanti adatti.

Roberto Della Rocca, rabbino

Le parole che il Presidente della Camera ha pronunciato a Roma ieri, 16 ottobre, nella sua visita al Portico d’Ottavia, sono state altissime. Fini non si è infatti limitato a ricordare la tragedia ebraica della Shoah, ma ha allargato il suo discorso al razzismo, ogni genere di razzismo, e al rischio di una sua rinascita, riprendendo così quell’ottica universalistica che ieri come oggi è stata patrimonio di tanta parte del mondo ebraico. La stessa ottica che ha spinto il Presidente della Comunità romana Riccardo Pacifici ad accogliere pubblicamente la proposta del prefetto di Roma Mosca a contribuire attivamente all’integrazione dei rom presenti nei campi romani e al miglioramento delle loro condizioni di vita. Che una parte almeno della destra italiana sia capace di respingere senza equivoci non solo il fascismo ma anche ogni forma di razzismo è qualcosa che ci fa sperare che anche in Italia si possa arrivare alla costruzione di una destra priva di tentazioni autoritarie, populistiche, qualunquistiche, razziste. Una speranza non solo per la destra, ma per la sinistra e per il Paese tutto. E che il mondo ebraico accolga la proposta del prefetto Mosca, non solo come un’affermazione di principio, ma anche nella pratica, nella messa a disposizione delle strutture ebraiche, nell’organizzazione di un’attività di volontariato per il sostegno ai nomadi e il supporto alla loro integrazione, è una conquista per noi ebrei e fa sperare che le comunità siano ancora in grado di esprimersi ad un livello alto, di essere portatrici di proposte politiche di ampio respiro e di speranze di rinnovamento. Personalmente, mi dichiaro disponibile a fare la mia parte e ad andare ad insegnare ai bambini rom nei campi nomadi, augurandomi che molti altri facciano lo stesso.

Anna Foa, storica