L’ombra su Pio XII
Il rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, non era ancora intervenuto in merito alle ultime polemiche tra Israele e la Santa Sede sulla beatificazione di Pio XII, il pontefice della Seconda guerra mondiale da molti anni oggetto di controversie storiche, religiose e politiche. Di Segni, che ha perso parenti alle Fosse Ardeatine e ne ha avuti altri deportati nei campi di concentramento, è il rabbino della comunità ebraica romana avviata alle camere a gas il 16 ottobre 1943. Il suo pensiero e le sue parole su Pio XII, non faziose ma che arrivano dopo diversi giorni di riflessione, hanno dunque un valore straordinario. Di Segni si oppone alla canonizzazione di Papa Pacelli. In questa intervista al Foglio spiega perchè. “C’è stata troppa foga intorno a Pio XII e la concitazione dovrebbe lasciare il campo alla meditazione. Noi ebrei non dobbiamo interferire nelle decisioni della chiesa, ha le sue regole e canoni. Ma anche da un punto di vista emotivo questa vicenda ci coinvolge molto. E in un momento in cui la chiesa si apre al mondo ebraico, abbiamo diritto di far sentire le nostre ragioni”. La beatificazione è parte di una discussione più ampia: “E’ la responsabilità del mondo cristiano durante la Shoah, un problema che va oltre Pio XII. Le verità della chiesa cattolica sono parziali, come l’idea che il nazismo fosse pagano, che fosse ideologia anticristiana e che l’antisemitismo fosse rigettato dalla chiesa. Ci sono altre verità che moderano questi giudizi. L’antigiudaismo era praticato senza alcun complesso, persino con toni duri, da parte della chiesa. Il nazismo si muoveva nel disprezzo coltivato da secoli. Diplomaticamente la chiesa ha fatto anche accordi con Hitler. Per questo la beatificazione di Pio XII comporta al momento la liquidazione di problemi irrisolti”. Si dice che se Pacelli avesse alzato la voce contro il nazismo, avrebbe messo a rischio gli ebrei nascosti nei conventi. “Falso, i rischi erano per il mondo cattolico, non per quello giudaico. Dove c’è stata una forte protesta, i treni verso la morte si sono fermati. I nazisti volevano il silenzio. Chi ha detto che sarebbestato peggio se il Papa avesse parlato? E’ troppo facile dire così. Il problema è molto pi antico, è il fatto di come si sono poste le religioni di fronte all’Olocausto che si stava profilando. Ci fu un calcolo di opportunità. Chi è finito in camera a gas non poteva protestare. Le esternazioni contro i governi silenziosi non erano semplici per un popolo massacrato”. Un ministro israeliano, il laburista Isaac Herzog, ha usato parole molto dure contro il Vaticano. “Herzog è il nipote del rabbino che venne a Roma da Pio XII a perorare la causa dei bambini ebrei nascosti nei conventi e che i cattolici stavano battezzando. Uno era il cardinale Lustiger. A Herzog interessava la sorte di quei bambini. Non poteva parlare in modo differente di Pio XII, ricordo la disperazione di quest’uomo a cui non fu concessa udienza dal Papa prima del 1946. A cose già finite. Eravamo un popolo che cercava di salvare il salvabile. Altro che leggenda nera’ di Pio XII, io parlerei invece di storia grigia”. La polemica su Yad Vashem e gli Alleati Si è discusso dell’interferenza ebraica e israeliana negli affari ecclesiali. “Al popolo ebraico si chiede di non interferire nelle decisioni della chiesa, ma allora perché si interferisce con la decisione su una placca a Yad Vashem dedicata a Pio XII? Ho il dubbio che si voglia trasformare in perfezione l’intera storia, Per qualcuno l’imperfetto non esiste in grammatica. Esista soltanto il perfetto”. Il vicedirettore del Corriere della sera, Pierluigi Battista, si è domandato perché si parla soltanto dei silenzi di Pacelli e non delle potenze alleate che sapevano della Shoah. “Non voglio certo assolvere Churchill e Roosevelt, ma stavano facendo la guerra e i loro cittadi ni morivano a migliaia sui fronti , dice Di Segni. Versavano lacrime e sangue per combattere il nemico. Lacrime e sangue che non furono sempre versate da un’altra parte. Da un leader spirituale come il Papa ci si aspettava un alto standard etico”. Il rabbino chiude così sull’affaire Pacelli. “Nell’ottobre 1943 Pio XII non disse ai nazisti di fermare i treni. Poteva ordinarne il blocco. I miei nonni in Bulgaria sarebbero stati tutti deportati se il primo ministro bulgaro non avesse detto ai tedeschi che i treni non avrebbero lasciato il paese. E non partirono. Oggi sarebbe impensabile scatenare lo stesso odio di allora senza suscitare una grande protesta. Questa protesta fin dagli anni Venti è stata debole, rara, vacillante, sempre misurata sulla diplomazia”.
Giulio Meotti, Il Foglio, 25 ottobre 2008