pregare/parlare
“Rabbì Shimòn dice: “sii molto attento nella lettura dello Shemà e nella Preghiera……e quando tu preghi non fare della tua preghiera qualcosa di meccanico, ma piuttosto una richiesta di misericordia …” (Pirqè Avòt, 2; 13). Nella preghiera ci viene riproposto giornalmente il problema della
routine quotidiana e del rischio di una coazione a ripetere. Lo Shemà e la Tefillà infatti devono essere ripetuti continuamente. Pregare significa tornare sulle stesse parole, anche imparare a memoria,
ascoltare ogni giorno le stesse cose
conformemente al testo: “veshinatàm levanecha”, le ripeterai ai tuoi figli. Nella preghiera tuttavia si ripresenta, come nello studio della Torà, quella tensione dialettica tra ripetizione e innovazione
individuale, tra tradizione e ricerca. Ecco quindi che anche nella Preghiera c’è ripetizione e duplicazione, ma ci deve essere anche novità e rinnovamento. Pregare significa quindi essere in grado, nella ripetizione di dire novità. Vuol dire giocare la scommessa di trovare in ciò che è antico e permanente ciò che è assolutamente nuovo.
Roberto Della Rocca, rabbino
Una delle piaghe del nostro tempo è di parlare troppo e troppo spesso di Dio. Troppo poco e poco spesso con Dio.
Vittorio Dan Segre, pensionato