accoglienza/film
Da un commento di Daniel Taub (Luci dalla Torà) a proposito delle storie di Abramo lette nello Shabbat appena trascorso: Vi sono due racconti paralleli di visite e di accoglienza, quella che Abramo fa ai tre inviati, e quella che Lot fa ai due inviati a Sodoma. Nel primo caso splendida accoglienza diurna, grande pranzo, annuncio di una nascita miracolosa, Sara, moglie di Abramo, che ride. Nel secondo caso scena notturna di tumulto antistranieri, gli ospiti chiusi in casa, l’offerta di due figlie alla turba per sedare il tumulto, la moglie di Lot trasformata in statua di sale, la distruzione totale della città. Morale: una società che accoglie gli stranieri riceve benedizioni, una società che si chiude e li rifiuta è destinata alla distruzione.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Qualche giorno fa, mi è capitato di discutere, in un festival di cinema tenuto ad Alatri e dedicato ai rapporti fra cinema e storia, di un film che conoscevo solo in parte e che non ha lasciato gran memoria di se’, a parte un pregevole saggio di Guido Fink che lo analizza: L’ebreo errante, del regista Goffredo Alessandrini, un film del 1947. Sono rimasta affascinata, non tanto dal film in se’, che pure non era male e si avvaleva come protagonista di un giovanissimo Vittorio Gassman, quanto del fatto che in questo film, contemporaneo alla prima uscita in sordina di Se questo e’ un uomo, di Primo Levi, lo sterminio e il campo di concentramento (se non quello di sterminio) appaiono già in modo sostanzialmente corretto. Certo, c’era Alessandro Fersen come consulente per le questioni ebraiche. Certo, era comunque pieno di inesattezze, o meglio non conoscenze, dei particolari storici. Ma la Shoah, anche se non si chiama ancora così, c’e’ già, è il primo film che la descrive. E c’è molto altro: un persistente antigiudaismo, almeno nella prima parte del film; un’immagine degli ebrei nei campi come giovani sabra che lottano per costruire lo Stato di Israele.. Insomma, un miscuglio affascinante di
sollecitazioni, un interessantissimo squarcio dell’immagine che si poteva avere nel 1947 di questi temi. Spettatori, una decina di persone al massimo. Peccato. Forse, varrebbe la pena di ritirare fuori il film e di discuterne più ampiamente.
Anna Foa, storica