Liliana Segre: i nuovi razzismi
«C’è il rischio che ritorni il razzismo». La preoccupazione è di Liliana Segre, deportata ad Auschwitz, da anni attiva nell’opera della testimonianza, che proprio per questo «impegno civile» ha ricevuto ieri all’Università di Trieste la laurea honoris causa in Giurisprudenza.
La cerimonia si è svolta in occasione dell’anniversario della Facoltà, nata 70 anni fa. «E’ un giorno storico per l’Università – ha detto il Magnifico Rettore dell’ateneo giuliano Francesco Peroni – ricordiamo il 1938, un anno contraddittorio», in cui nacque la Facoltà di Giurisprudenza e in cui, per effetto delle leggi razziali del regime fascista, furono espulsi nove docenti ebrei.
Secondo Liliana Segre, «i nuovi razzismi sono tragici, oggi, perché non ci si fida. C’é estraneità tra persone che vivono nello stesso luogo: è il frutto dell’indifferenza, che è più grave della violenza stessa».
Anche nella Shoah, ha spiegato, «gli indifferenti furono più colpevoli dei violenti. L’indifferenza – ha detto nella sua applaudita lectio magistralis – è come una nebbia che ti avvolge. Le leggi razziali – ha aggiunto – hanno portato direttamente ad Auschwitz, un universo pazzesco pensato a tavolino».
Segre, che dopo 45 di anni di silenzio sulla Shoah, a sessant’anni, decise di testimoniare la sua esperienza, ha incontrato ad oggi più di centomila studenti, è arrivata nell’aula magna dell’Università di Trieste accompagnata da figli e nipoti. «C’era la tentazione della vendetta – ha spiegato – ma, se si sceglie la vita, non la si può togliere a nessun altro. Da quel momento sono stata libera. La più grande vittoria su Hitler – ha concluso – è stata la mia, che sono diventata mamma e nonna».
La laurea è stata conferita per «l’impegno civile della testimonianza» e per «la promozione della consapevolezza dei diritti fondamentali degli individui». «L’insegnamento del diritto – ha spiegato Peroni – è legato alla dignità della persona umana». Nella sua laudatio, Mauro Barberis, docente di diritto all’ateneo giuliano, ha spiegato che «Liliana Segre è una persona come tutti noi. Era una qualunque ragazza di tredici anni. Il suo bersaglio sono quelli che sapevano o che non hanno voluto sapere, quelli che oggi dicono basta, degli ebrei si è già parlato anche troppo».
Beniamino Pagliaro