Faccia a faccia sul sionismo

“Israele è una parte di me”. “Io non potrei mai viverci, lo farei soltanto se ritenessi in pericolo la mia vita qui…”. Parte da queste due opinioni contrapposte il dialogo che, nella prima serata del Moked, ha visto i partecipanti confrontarsi con Daniel Segre, sul loro rapporto con Israele e sui significati del sionismo oggi.
Segre, organisational coaching israeliano che svolge la propria attività a Gerusalemme, apre con una domanda un po’ provocatoria “Che cosa è Israele per te?”. Dapprima qualche timido intervento poi a poco a poco quasi tutti intervengono con il desiderio di far sentire il proprio parere di dar voce ai propri ricordi, alle proprie esperienze, al proprio vissuto.
“L’intenzione che avevo – dice Dan Segre – era tirare fuori la percezione che ciascuno ha di Israele prima delle conferenze dei prossimi giorni, il mio lavoro inizia sempre così: faccio una domanda e parlo di me stesso, in questo modo le persone si sentono a proprio agio, quando racconti qualche cosa di te anche gli altri sono più disposti ad esprimersi “.

Daniel che cosa è Israele per te?

Io a 19 anni ho deciso esattamente che cosa dovesse essere Israele per me, ho preparato le valige e sono partito. La mia vita è divisa in due parti: i primi 18 anni li ho vissuti in Italia e gli altri 38 anni in Israele, ho trascorso dei periodi all’estero per lavoro, ho viaggiato molto, ma la mia casa, la mia vita è in Israele.

Hai un modello preordinato nello svolgere un’attività?

Per me è sempre un’incognita, la mia aspettativa è quella di sentir raccontare. Devo essere attento a quello che le persone dicono, mostrare loro interesse, e non perdere ma non sempre è necessario che io intervenga, sono le persone che via via iniziano a parlare, il mio compito è di fare in modo che non si disperdano, che la conversazione non prenda direzioni sbagliate, in questo caso devo intervenire per riprendere i fili del discorso.
A volte si creano situazioni di antagonismo, anche nei miei confronti, l’importante è non mettersi sulla difensiva, ma saper ascoltare anche le critiche sono necessarie…

Quale dote ci vuole per svolgere questo lavoro?

Ci vuole molta trasparenza, bisogna essere in grado di mettersi in gioco, alcune volte è stancante perché richiede un alto grado di concentrazione, ma le soddisfazioni sono molte.

Quali aspettative hai quando svolgi una delle tue attività?

Io non ho altra aspettativa se non quella che la gente venga con la propria storia. Un’altra considerazione interessate da fare è il fatto che non ci sono molte opportunità di scambiarsi delle idee in una forma ordinata, quindi se c’è uno spazio ordinato in cui parlarsi con delle regole le persone tendono ad aprirsi.

l.e.