Educazione e cultura contro la dispersione

“L’educazione e la cultura. E’ su queste due direttrici principali, le uniche capaci di contrastare la dispersione e l’assimilazione dell’ebraismo italiano, che si giocano le progettualità dei prossimi anni”. Anselmo Calò, assessore al Bilancio Ucei, sintetizza così il mandato che guida la sua attività. Attività complessa, alla ricerca costante di un equilibrio tra esigenze diverse, che in questi ultimi anni vede tra le poste in gioco la stessa sopravvivenza delle piccole Comunità ebraiche, un tema a cui il Moked di Parma ha dedicato un’attenzione particolare.
Qual è la prima difficoltà con cui si trova a fare i conti l’assessore al Bilancio?
Il problema principale è riuscire ad accontentare le diverse richieste di finanziamento. Si tratta di iniziative meritevoli, che non sempre possono però trovare sostegno da parte dell’Ucei. Dobbiamo dunque porre una scala di priorità e calibrare le nostre scelte puntando sulle progettualità più meritevoli d’attenzione così da evitare di disperdere risorse a pioggia.
Quali sono i criteri della scelta?
Quelli definiti dall’ultimo Congresso Ucei, l’educazione e la cultura. Sono le sole strade per combattere l’assimilazione. Non a caso una quota molto rilevante del nostro bilancio, circa 800 mila euro, è destinata all’istruzione superiore: il Collegio rabbinico, il corso di laurea e il Dipartimento educazione e cultura Ucei.
Un altro problema, di cui si è parlato molto al Moked, riguarda il tramonto delle piccole Comunità.
L’ebraismo italiano si confronta con un drammatico calo demografico fin dal secondo dopoguerra. Il censimento fascista del ’38 rilevava circa 70 mila presenze. Oggi, secondo gli ultimi dati, la realtà ebraica si attesta sulle 25 mila persone. Sono numeri inesorabili – frutto della Shoah e del generale decremento delle nascita che caratterizza il mondo occidentale – che assumono caratteristiche di particolare preoccupazione nei centri più piccoli dove il ricambio generazionale è molto ridotto e i pochi giovani tendono a spostarsi verso le grandi città.
Cosa comporta in termini concreti questa diminuzione degli iscritti?
Innanzi tutto diventa sempre più difficile continuare a garantire quel minimo di servizi indispensabile alla vita ebraica. Poi si pone il problema del patrimonio, anche immobiliare, che con il venire meno della popolazione ebraica rischia di andare disperso o degradato.
Una delle questioni da anni all’attenzione dell’ebraismo italiano riguarda proprio la conservazione dei beni storici, sinagoghe, cimiteri o musei.
Al momento il problema principale riguarda il rifinanziamento per il triennio 2010 – 2012 della legge 175 finalizzata al loro recupero. Per l’anno prossimo questi fondi sono stati ridotti del 25 per cento e ciò ci preoccupa. Tagli di questo tipo (cui peraltro aveva fatto ricorso anche il governo precedente) non consentono infatti la certezza di riuscire a portare a termine i progetti. Per fortuna possiamo però contare su uno schieramento bipartisan a sostegno del patrimonio ebraico: è una ricchezza immensa in termini affettivi e culturali per l’intero Paese che non può andare perduta.

dg