maldicenza/israeliti
“…due persone che stanno assieme e non ci sono tra loro parole di Torà sono paragonati a una riunione di buffoni…” (Pirqè Avòt, 3; 3). Con attenzione e puntualità costanti, l’etica ebraica si applica con grande impegno nell’insegnare a contrastare la tentazione proposta dal vivere quotidiano di dare alla conversazione quel sapore pungente che insinuazioni, osservazioni maliziose e malignità di ogni sorta spesso le conferiscono. Il pettegolezzo e la maldicenza sono oramai, purtroppo, un vezzo incorreggibile della nostra società. Usare un linguaggio aggressivo, fare rivelazioni scandalistiche sembra rispondere a un’esigenza del costume sociale e spesso politico. La maldicenza deliberata e meditata sembra essere divenuta un’arma con cui combattere il prossimo e le sue idee. Eppure, la tradizione ebraica ha già dato sull’argomento un chiaro giudizio. Ha detto, infatti, Rabbì Naftali Braunfield nel suo Divré Naftali che “le persone nobili parlano di idee, le persone mediocri parlano di cose; le persone basse parlano di altre persone…”
Roberto Della Rocca, rabbino
Uno storico israeliano sostiene che gli israeliti siano un’invenzione, detta in parole povere. Un’équipe di archeologi al lavoro nella zona di Atlit ci rivela che il Diluvio è esistito davvero. Riascoltavo ieri, come per caso, la voce di Ben Gurion che scandiva la dichiarazione di indipendenza dello stato ebraico. Con fermo equilibrio, egli rivendica più volte quel “diritto naturale” a un’autonomia nazionale per il suo popolo. Non arranca indietro nel passato, Ben Gurion, per trovare una legittimazione alla propria identità e agli sbocchi della storia. E invece spesso, forse troppo spesso, ci sentiamo come in dovere di declinare una abissale antichità – sia in quanto ebrei sia in quanto ebrei e israeliani. Che gli israeliti fossero un mito storico, che il diluvio sia colato davvero dal cielo: tutto ciò non dovrebbe sfiorare né intaccare la nostra identità. Eppure, il “dibattito” ferve.
Elena Loewenthal, scrittrice