Chiesa/dialogo
Un po’ di chiarezza e uno spunto di riflessione sulla recente ennesima polemica su leggi razziali e Chiesa cattolica. E’ vero che la Chiesa si oppose al razzismo; il razzismo sottolineava le differenze tra i gruppi mentre secondo la dottrina cattolica ogni essere umano, ebrei compresi, ha diritto alla salvezza che la Chiesa annuncia. Ma questo non vuol dire che per la Chiesa fosse ingiusto allontanare gli ebrei dalla società, per “proteggerla”, come veniva fatto dalle leggi razziali; era una cosa che la Chiesa aveva sempre fatto nei secoli e alla quale non si oppose nemmeno nel 1938. In quell’occasione ci fu in realtà un gesto forte da parte del papa (Pio XI) che scrisse di persona al re e a Mussolini chiedendogli di modificare un unico articolo, quello che riguardava i matrimoni misti celebrati da un prete e di cui le leggi razziali negavano la validità. Solo per questo articolo (considerato un “vulnus” del concordato) ci fu la protesta, il resto andava bene. E’ interessante notare che di tutte le norme delle leggi razziali quella sull’abolizione della validità del matrimonio misto forse era l’unica che avrebbero approvato tutti i rabbini italiani, mentre fu l’unica per cui la Chiesa protestò. Anche perché un ebreo che si sposa davanti a un prete è, per dirla con le parole della recente versione dell’oremus pasquale, un cuore che comincia a illuminarsi.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Il Presidente della Camera Gianfranco Fini si è fatto tirare le orecchie dalla Chiesa Cattolica per averne ricordato l’atteggiamento ambiguo (e in taluni casi connivente) con le leggi razziali. Chissà se questo basterà a considerarlo soggetto degno di dialogo oppure resterà irrecuperabile, in quanto le sue affermazioni sono tardive e scontate. C’è chi sostiene che il dialogo va fatto comunque, anche con Hamas o con quel “moderato” negoziatore dell’Autorità Palestinese (Abu Ala) secondo cui a Gerusalemme non c’è mai stato un Tempio e anzi non c’è mai stata alcuna presenza ebraica (la Torah deve essere un falso dei sionisti), ma poi si mostra particolarmente intransigente con altri soggetti. Bisognerebbe ricordare che il dialogo non compromette mai e va fatto con chiunque, purché sia confronto sincero basato sull’/ascolto/ dell’altro. Se da una parte almeno non c’è ascolto e si fanno soltanto asserzioni apodittiche, allora non c’è neppure rispetto e il dialogo è impossibile. Anzi non c’è proprio. Ma dialogare con chi non ascolta e chiudere la porta in faccia a chi vuol ascoltare è soltanto manifestazione di pregiudizio.
Giorgio Israel, storico della scienza