Quell’enciclica antirazzista che non vide mai la luce

Fini ha detto la verità storica, sostenuta da De Felice, la Chiesa risponde per la sua coda di paglia, e le conseguenze sulla beatificazione di Pio XII. Fini ha parlato del 1938 e la Chiesa restò muta, o meglio si interessò del matrimonio paolino, cioè dei cristiani figli di un solo genitore ebreo; un problema razziale/biologico ma non della carica di antiebraismo insita nella legislazione razzista. Pio XI nel ’39 si convinse che sul razzismo biologico la Chiesa doveva intervenire e preparò un’enciclica, che non vide mai la luce per la morte del Pontefice, e la riluttanza del suo successore ad emanarla. Chiamare in causa Riccardi e il suo libro sull’occupazione tedesca di Roma, con il corollario di salvataggi nei conventi è fuorviante perché sposta l’attenzione dalla legislazione del ’38 alla persecuzione fisica dell’epoca nazista-repubblichina di cinque anni successiva. E’ vero che le leggi razziste antiebraiche scivolarono sul popolo italiano come acqua fresca, è vero anche però che i benpensanti cominciarono ad interrogarsi sulle conseguenze dell’alleanza col nazismo, e addirittura sulla sanità mentale del Duce (vedi lo stesso Ciano). Con l’occupazione tedesca di Roma cominciò quel riaffiorare del buonismo italiano che col rifiuto del fascismo porto’ tante persone normali a divenire “giusti” tra questi anche molti religiosi e cattolici praticanti. Non ho letto il libro di Riccardi, ma spero che emerga, accanto alla decisione pontificia di agevolare l’apertura dei conventi agli ebrei, anche la passione personale, la disponibilità al rischio di tante persone normali, comprese tante suore, cioè nulla di politico, solo compassione umana.
La politica vaticana dal ’33 in poi fu sempre quella di non entrare in contrasto con le forze anticomuniste, e quindi di silenziosa acquiescenza, e anche il salvataggio fu silenzioso.
Che il silenzio fosse una strategià non lo si può sostenere senza documentarlo. Aprite gli archivi hanno giustamente detto Amos Luzzatto e Renzo Gattegna. Aprite gli archivi, così potremo (ri)scrivere la storia se necessario. Fino ad ora però i documenti ci dicono:
a) Che la legislazione del ’38 passò senza alcun intervento del Pontefice (Pio XI)
b) Che gli attacchi della rivista Civiltà cattolica all’ebraismo furono rinnovati nel’38 anche dal Governo fascista
c) Che l’enciclica contro il razzismo preparata da Pio XI, con Pio XII non vide la luce
d) Che Pio XII non condannò mai pubblicamente Hitler e il nazismo
e) Che Pio XII durante la guerra e lo sterminio s’interessò dei sofferenti, ma non pronunciò mai la parola ebreo
f) Che le istituzioni cattoliche in Italia parteciparono attivamente al salvataggio degli ebrei dalla deportazione (e un poco anche altrove in Europa).
Un bilancio un po’ troppo magro, mi pare.

Anselmo Calò, Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane