digiuno/Gaza
Se si vuole avere una prova di quanto complicata sia l’esperienza ebraica, si vada a rileggere i capitoli 7 e 8 del profeta Zecharia (Zaccaria) che tornano all’attenzione alla vigilia del digiuno del 10 di Tevet, che sarà domani. Il digiuno era stato istituito per ricordare il triste giorno in cui i Babilonesi si affacciarono alle mura di Gerusalemme e cominciarono ad assediarla. 70 anni dopo l’esilio era finito, il Tempio in ricostruzione e i nuovi residenti di Eretz Israel si chiedevano che senso avesse ricordare una distruzione che non c’era più. Zaccaria, interrogato in proposito, non rispose direttamente ma annunciò, con un lungo discorso, i tempi in cui i giorni tristi sarebbero stati trasformati in feste. A 25 secoli di distanza, noi continuiamo a digiunare, con l’istruzione talmudica che quando la terra d’Israele sarà sotto possesso ebraico non si dovrà più digiunare. E’ una discussione che riassume temi essenziali dell’ebraismo, come quelli della precarietà e della speranza e ne suggerisce interpretazioni e soluzioni. Non c’è bisogno di sottolinearne l’attualità in questi giorni angoscianti di guerra.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
E’ solo un aspetto che ci riguarda più da vicino della tragedia che si sta svolgendo a Gaza. Ma colpiscono le immagini delle manifestazioni anti-israeliane in Italia. Protagonista non ne è più la sinistra radicale italiana, sia pur con l’attiva presenza di gruppi palestinesi, e nemmeno i palestinesi stessi, ma gli islamici presenti nel nostro paese, uomini, donne velate, bambini. L’immagine degli oranti piegati sul sagrato del Duomo ben simboleggia l’anima religiosa di questa protesta. Non sono le solite manifestazioni politiche, sia pur violente, ma proteste fondamentaliste piene di rabbia e di odio. E la svastica è riapparsa, dopo tanto tempo, a simboleggiare Israele. Inquietante, forse anche non inaspettato, ma è bene avere coscienza della svolta che sta compiendosi.
Anna Foa, storica