scritte/laicità

Svastiche e scritte sui negozi degli ebrei a Roma. Segni che, vergognosamente, vengono dall’esterno. La tradizione ebraica ha il suo segno sulla porta, la mezuzà: la piccola pergamena con citazione biblica che, nel suo astuccio, si fissa allo stipite. Meglio sceglierli da dentro, i segni.

Benedetto Carucci Viterbi, rabbino

Ieri a Milano si è ripetuta la scena della preghiera alla fine della manifestazione per la Palestina.
Possiamo discuterne in vario modo e osservare che preliminarmente, per discuterne serenamente, al netto di una lettura politica, nonché di una lettura che legge quella scena come un atto politico in cui spesso nella testa di molti dei suoi partecipanti il nemico politico si confonde e si sovrappone al nemico di Dio, sia necessaria la presenza nella nostra mente di un solido fondamento laico (di credenti e non credenti) che nel nostro Paese costituisce una risorsa alquanto scarsa, per non dire nulla.
Ma accanto a questo problema, di per sé rilevante, ne esiste anche un altro che finora non è emerso e che riguarda una fetta rilevante e consistente dell’opinione pubblica del nostro Paese, ovvero la sinistra e la dimensione della sua laicità (a questo punto presunta, più che reale, verrebbe da dire).
In una lettera che compare su “Il Manifesto” mercoledì 7 gennaio a firma Manuela Cartosio, si legge: “da un pezzo siamo costretti a allontanarci da manifestazioni per una giusta causa che usano un linguaggio sbagliato: manichini e bandiere bruciate, stella di David uguagliata alla svastica, ora le preghiere rivolte alla Mecca. Per la destra nostrana queste ultime sono un sacrilegio, una contaminazione dei sagrati e delle «radici cristiane». Fatti suoi. Fatti nostri, invece, che manifestazioni organizzate anche dalla sinistra deviino dalle sue «radici laiche». Considero questo rassegnato codismo come l’ultima delle prove dell’impotenza di una sinistra a pezzi, incapace persino di contrattare le modalità di un corteo. Non si obietti, per favore, che di fronte ai cinquecento morti a Gaza queste sono argomentazioni accademiche. Riguardano lo statuto della sinistra”. Si può dire meglio e più direttamente di così?

David Bidussa, storico sociale delle idee