miracoli/Memoria

Continuano a circolare notizie su eventi interpretati come miracolosi avvenuti durante la recente guerra a Gaza. A Beer Sheva, come in ogni altro luogo esposto ai missili, le sirene suonano dopo
l’avvistamento e ci sono pochi secondi prima di arrivare al rifugio. Mi è stato raccontato che un giorno, dopo l’avvistamento del missile in arrivo, le sirene hanno fatto tilt e non hanno suonato, e il missile è caduto proprio su un rifugio. Ma la storia che circola con più insistenza è quella di soldati in perlustrazione a Gaza che sono stati dissuasi dall’entrare in certi edifici, in quanto minati, da una donna misteriosa che, interrogata sul suo nome, ha detto di chiamarsi Rachel. C’è stata subito l’associazione con il nome della nostra matriarca, sepolta all’entrata di Betlemme, che rappresenta già dai tempi biblici il simbolo della madre che piange per i suoi figli in disgrazia e li protegge. I giornali hanno scritto che Rav Mordechai Eliahu, già Rishon leTzion, ha dichiarato che in questi ultimi giorni, in cui è stato molto malato, è uscito solo per andare a pregare sulla tomba di Rachel e praticamente a Gaza “ce l’ha mandata lui”. Su questa ondata emotiva di notizie rav Avineri, con i piedi più in terra, ha commentato che “è giusto che un ebreo creda nei miracoli, ma non è giusto che creda a qualsiasi miracolo”. Effettivamente la sopravvivenza del popolo ebraico, e quella di ogni singolo ebreo, è un fenomeno che sfugge alla spiegazione razionale; “un ebreo che non crede ai miracoli non è realista”, ma non bisogna esagerare.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Domani è il 27 gennaio. Confesso che fino due giorni fa mi ponevo molte domande sul senso di questa giornata. Mi dicevo che non ha senso continuare ad affastellare commemorazioni, che bisognava guardare all’uso, o al buon uso, della memoria. Che il vero problema è per che cosa ricordiamo. E’ bastato un vescovo negazionista e antisemita riaccolto in seno alla Chiesa per farmi dimenticare questi dubbi. No, non del tutto. Certo è che non mi sento più così ripetitiva a commemorare quella liberazione di Auschwitz. Grazie, vescovo Williamson, di avermi restituito il gusto della giornata della Memoria!

Anna Foa, storica