silenzio/Obama

Il midràsh racconta che il faraone, prima di iniziare la persecuzione antiebraica consultò tre saggi: Iyòv, Bilàm e Yitrò. Bilàm sostenne con entusiasmo le idee del faraone. Yitrò fuggì esprimendo in questo modo la sua opposizione e Iyòv rimase in silenzio. Che senso ha il silenzio di Iyòv? Egli è descritto come un uomo retto e temente Dio, non poteva certo approvare la persecuzione. Iyòv probabilmente rimane in silenzio perché ritiene il suo intervento inutile (il faraone aveva già deciso e non avrebbe cambiato idea) e pericoloso (rischiava a sua volta di essere perseguitato). Il ragionamento di Iyòv è accettabile, comprensibile? E’ sicuramente comprensibile e contiene probabilmente vari elementi di verità ma, secondo la tradizione ebraica, non è accettabile. Iyòv pecca di mancanza di chèsed, cioè non riesce a sentire la sofferenza altrui come propria e questo gli impedisce di reagire a una persecuzione anche quando questa reazione può essere pericolosa e apparentemente inutile. Secondo Rav Soloveitchik l’atteggiamento di Iyòv è stato l’atteggiamento di molti durante la Shoà. Egli non parla naturalmente di persecutori e lei loro collaboratori ma di persone o nazioni che, pur non condividendo, sono rimasti in silenzio.

Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano

In coincidenza con l’insediamento di Obama il “National Jewish Democratic Council” ha organizzato a Washington un gala che ha avuto mille vip partecipanti e due protagonisti. David Axelrod, guru politico di Barack, ha allietato i presenti con le storie sulle peripezie degli avi giunti dalla Bessarabia, vantando la soddisfazione per il 78 per cento di ebrei che alle presidenziali hanno votato democratico. Elie Wiesel invece ha guardato al futuro: “Con Obama presidente confido nel fatto che forse mio figlio e mio nipote saranno in questa città,negli anni a venire, per celebrare il primo presidente ebreo degli Stati Uniti”.

Maurizio Molinari, giornalista