Chiudere il rubinetto ai signori del petrolio. Israele apre la strada alla grande svolta energetica
“Barack Obama si è recato in Ohio per passare una giornata dentro una fabbrica che produce bulloni destinati a impianti di energia eolica. Sono vecchie strutture industriali rigenerate per contribuire a emancipare l’America dal greggio importato da Paesi instabili del Medio Oriente o dal Venezuela. E’ questa la strada su cui si incammina il nuovo presidente”. Maurizio Molinari in un suo recente aleftav ha lanciato un’intuizione chiave. Nei giorni seguenti abbiamo visto con chiarezza come le nuove politiche energetiche aprano la speranza di rovesciare lo scenario geopolitico e in particolare quello del Medio Oriente. Lavorare tutti per smantellare i regimi autoritari che si sostengono con il petrolio è una priorità. L’articolo che segue racconta la vicenda di un giovane israeliano che promette di segnare una svolta storica. Forse un giorno lo strapotere del petrolio sarà solo un cattivo ricordo.
Herzliya è un elegante sobborgo a Nord di Tel Aviv, con le sue spiagge sul Mediterraneo, la sua marina piena di barche, i centri commerciali e i cinema. Nel parcheggio di uno di questi, Cinema City, il futuro è già arrivato. Ha la forma di una serie di colonnine grigio-azzurre base triangolare e design minimalista attrezzate con due prese sicure per ricaricare le auto elettriche che tra poco saranno in circolazione nel Paese.
Shai Agassi, il profeta delle reti di distribuzione per l’auto elettrica nel mondo, ha scelto Israele, dov’è nato, come Paese pilota per il suo progetto Better Place. Non per motivi affettivi, ma logistici: si tratta di un territorio più piccolo della Lombardia, ma occupato per metà dal deserto del Negev e circondato da vicini ostili, quasi come un’isola. La popolazione è molto concentrata nel corpo centrale del Paese, largo appena 15 chilometri nella fascia più stretta, perciò è raro percorrere in macchina pi di 70 chilometri alla volta, il raggio d’azione ideale per una batteria con autonomia ridotta, che per ora non supera i 150 chilometri. Poi sarà la volta della Danimarca, un territorio grande il doppio d’Israele, ma pur sempre delimitato tutto intorno dal mare. Sia in Israele che in Danimarca, per motivi diversi, i governi puntano a emanciparsi in tempi brevi dalla schiavitù del petrolio e hanno risposto molto bene al progetto, defiscalizzando completamente le auto elettriche.
«Entro la fine dell’anno, avremo installato un migliaio di punti di ricarica come questo», spiega Tal Agassi, fratello minore di Shai e responsabile dell’infrastruttura di rete per Better Place. Nell’area della grande Tel Aviv ce ne saranno centinaia: i primi nel parcheggio dell’albergo Basel (sul lungomare del centro), sotto l’Europa House (in pieno quartiere degli affari) e nel piazzale davanti al campus Ibm, snodo chiave del Silicon Wadi. «Abbiamo cercato di distribuirli su diverse tipologie di insediamento, dalle case private ai parcheggi degli uffici, dagli spazi pubblici agli autosilo, per gettare le basi di un approccio schematizzato per ciascuna tipologia, sia sul piano tecnico che delle normative di sicurezza o dei contratti di allacciamento alla rete elettrica. In questo modo abbiamo stabilito una procedura standard che ora stiamo replicando rapidamente in tutto il Paese», da Haifa a Gerusalemme, da Kfar Saba a Holon. «L’esperienza sul campo è importante per allineare tutti i passaggi in uno schema generale che ci faciliterà l’approccio con gli altri Paesi». In Israele il progetto procede speditamente: gli accordi con le municipalità sono firmati, l’infrastruttura di base in via di realizzazione, le colonnine in deposito. Renault Nissan ha già fornito alcuni prototipi di auto elettriche, con batterie agli ioni di litio: Renault Mégane e Nissan Rogue.
Il primo obiettivo è di avere una cinquantina di macchine in circolazione in Israele e una cinquantina in Danimarca entro la fine di quest’anno. Nel 2010 centomila punti di ricarica in funzione, le stazioni di ricambio delle batterie, la versione definitiva del software gestionale del sistema e il primo gruppo di clienti paganti. Nel 2011 il debutto sul mass market. Il bello dell’impresa è che la tecnologia esiste già. Non c’è niente di nuovo da inventare, ma solo due problemi fondamentali da risolvere: l’autonomia limitata e l’alto costo delle batterie attuali. L’intuizione di Agassi sta tutta nel modello di business, che elimina le batterie dai costi attribuiti al cliente, lasciandone la proprietà nelle mani del gestore del sistema, come nella telefonia cellulare, dove il cliente non compra pi l’oggetto ma l’esperienza di comunicazione mobile, sotto forma di minuti di conversazione.
Better Place farà pagare ai suoi clienti i chilometri invece dei minuti, offrendo diversi piani tariffari in base alle esigenze dei singoli automobilisti. Chi avrà uno schema di spostamenti regolari potrà lasciare l’auto sotto carica nel parcheggio dell’ufficio o sotto casa. Per chi avrà bisogno invece di viaggiare oltre il limite fatidico delle 150 miglia, ci saranno le stazioni di ricambio, dove un sistema robotizzato estrarrà la batteria scarica e la sostituirà con un’altra carica. I problemi pratici da superare, evidentemente, sono infiniti. Primo fra tutti, l’approccio psicologico al nuovo sistema, che comporta una certa programmazione e incrina il mito dell’auto come strumento di libertà assoluta. Ma Better Piace sembra inarrestabile. In pochi mesi ha raccolto 200 milioni di finanziamento e miete consensi in tutto il mondo. Dopo Israele e Danimarca, le tappe saranno San Francisco e la Bay Area (dove ha sede l’azienda), le Hawaii, l’Australia e la provincia canadese dell’Ontario.
In Giappone è appena partita l’alleanza con Subaru e il governo ha chiamato Agassi a realizzare un primo network. L’entusiasmo del quarantenne imprenditore è contagioso: tipico geek israeliano, entrato giovanissimo al Technion di Haifa, è approdato 34 anni ai vertici di Sap, colosso tedesco del software gestionale, per poi licenziarsi nel 2007 e dedicarsi alla sua seconda vita, il business verde. Il suo mantra è: «Non abbiamo aspettato di avere i migliori chip per mettere sul mercato i pc, nè di avere una tecnologia perfetta per lanciare la rivoluzione dei telefonini, dunque perché attendere le batterie ottimali per diffondere l’auto elettrica su vasta scala?».
Elena Comelli – 29 gennaio 2009 , Sole 24 Ore – Nova
(Nell’immagine, Moshe Kaplinski, amministratore delegato di Better Place Israele ed ex vice capo di stato maggiore delle Forze di difesa di Israele (Tsahal), prova il pieno di elettricità a una stazione di servizio. Nei video, Shai Agassi racconta la sua rivoluzione energetica).