Vescovo negazionista, sdegno e condanna
“Un segnale negativo, angosciante e incomprensibile”: il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha commentato così la revoca da parte di Benedetto XVI della scomunica dei vescovi lefebvriani, tra cui monsignor Richard Williamson che in sue recenti dichiarazioni ha negato la Shoah. “E’ terribile – ha spiegato – che un vescovo negazionista della Shoah, fatto storico incontestabile, sia riabilitato e legittimato. Le frasi da lui pronunciate sono a suo discredito e totalmente inaccettabili non solo dagli ebrei ma da tutti quanti”. “Senza voler entrare nelle procedure interne della Chiesa, seguiamo naturalmente con attenzione le reazioni che ci auguriamo vengano dal mondo cattolico e dalle sue istituzioni. Ci attendiamo – ha proseguito – che ci sia una presa di distanza. Continuiamo a credere nel dialogo tra le religioni, purché sia fondato sul presupposto della pari dignità”.
“Nubi minacciose sembrano addensarsi sul dialogo ebraico cristiano”. Questo il commento del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni alla decisione di revocare la scomunica a quattro vescovi lefebvriani, tra cui Richard Williamson che in recenti dichirazioni ha negato la Shoah. Di Segni si è anche domandato “se la decisione non è un semplice perdono, ma comporta anche la riammissione ai poteri episcopali diventa tutto ancora più problematico. La possibilità di nominare sacerdoti da parte di un vescovo negazionista sarebbe gravissimo”. “Voglio ricordare inoltre che i lefebvriani all’epoca della visita di Giovanni Paolo II nella sinagoga di Roma distribuirono un manifestino in cui – ha aggiunto – si diceva ‘Papa non andare da Caifa’, paragonando il rabbino Toaff al sacerdote che aveva condannato Gesù. Per loro – ha concluso – eravamo e siamo ancora il popolo deicida. Questi sono i lefebvriani”.
“La decisione di annullare la scomunica di alcuni esponenti lefebvriani rappresenta per noi ebrei un problema di non poco conto” ha aggiunto il deputato del Pd Emanuele Fiano. E’ evidente – ha proseguito – che la vicenda riguarda decisioni autonome ed interne della chiesa cattolica, tuttavia non potremo rimanere insensibili al fatto che un vescovo conosciuto per le sue tesi negazioniste sia riabilitato”. “Mi auguro – conclude Fiano – che la difesa della memoria della Shoah rimaga per sempre anche nella chiesa un elemento di discrimine e di giudizio su ciascuna persona”.
Il Presidente dell’Assemblea rabbinica italiana Rav Giuseppe Laras ha giudicato quanto avvenuto “un atto di cui proprio non si sentiva bisogno”. “E’ un momento delicato per il dialogo ebraico-cristiano – ha spiegato Laras – servivano atti di distensione e non questi episodi e queste dichiarazioni”. “Certo con il Giorno della memoria a così breve distanza – ha aggiunto ironicamente – non si poteva scegliere momento migliore. Magari sarà una coincidenza, ma tutto questo fa pensare e induce tristi considerazioni. In un momento in cui inoltre viviamo alcune tensioni con il Vaticano, tra queste la preghiera dell”oremus’, non ci voleva proprio questa iniziativa per la quale un vescovo negazionista viene graziato”. “Non siamo nella testa del papa, né vogliamo entrarci, ma certo – ha concluso – non è un atto distensivo”.
La decisione di Benedetto XVI di ritirare la scomunica ai quattro vescovi ultra-tradizionalisti ordinati nel 1988 da monsignor Marcel Lefebvre, tra i quali il “negazionista” Richard Williamson, getta nuova benzina sul fuoco della scontro fra Santa Sede e mondo ebraico e allarga ulteriormente il fossato tra due fronti che da decenni non si trovavano su posizioni così distanti. Alti esponenti della religione ebraica, dal rabbino David Rosen, presidente del Comitato ebraico per il dialogo interreligioso, al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, hanno subito contestato – e con toni di inedita durezza – il fatto che il ‘perdono’ pontificio non abbia tenuto conto delle dichiarazioni revisioniste e negazioniste sull’Olocausto fatte dal britannico Williamson, che alla tv svedese aveva detto di non credere all’esistenza delle camere a gas naziste. Il superiore lefebvriano Fellay ha subito commentato che si tratta di affermazioni personali, usate strumentalmente per screditare la “Fraternità di San Pio X”. E anche oggi il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha avuto un bel dire nell’affermare che la Santa Sede non condivide in nessun modo le dichiarazioni revisioniste di Williamson sulla Shoah: secondo Lombardi, la “revoca della scomunica non c’entra assolutamente nulla” e non significa “sposare le sue idee e le sue dichiarazioni, che vanno giudicate in sé”. Ciò non è bastato. Se dapprima, infatti, il portavoce del ministero degli esteri israeliano Yigal Palmor, si è trincerato dietro un ‘no comment’, affermando che la riammissione dei lefebvriani in seno alla Chiesa “non è una questione che riguarda i rapporti tra i due Stati”, il rabbino Rosen ha voluto definire la revoca della scomunica a Williamson come “un passo che contamina l’intera Chiesa”, se quest’ultima non esige dal vescovo la ritrattazione di ciò che ha detto sulla Shoah. Secondo Rosen, nella decisione pontificia “c’é stata una superficialità” che mostra “gravi lacune nel funzionamento interno del Vaticano”. E “accettare una persona chiaramente antisemita”, ha aggiunto, “è farsi gioco di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II e di tutti i Papi” che hanno operato per il dialogo tra le religioni. Per il rabbino, inoltre, non basta che il Vaticano si proclami fedele alla dichiarazione conciliare Nostra Aetate (che 40 anni fa segnò una svolta decisiva nei rapporti col mondo ebraico): “non conta ciò che il Vaticano dice, conta ciò che fa”, ha ammonito. E fino a quando non esige “una ritrattazione” delle dichiarazioni revisioniste di Williamson “è l’intera Chiesa che resta contaminata”. Parole pesanti come macigni, rincarate da quelle di Di Segni, secondo cui per i lefebvriani “eravamo e siamo ancora il popolo deicida”, mentre “nubi minacciose sembrano addensarsi sul dialogo ebraico cristiano”. Il nuovo strappo, inoltre, segue le precedenti tappe di un allontanamento segnato dalle polemiche sulla “preghiera per gli Ebrei” del Venerdì Santo e sulla causa di beatificazione di Pio XII, fino alla decisione dei rappresentanti ebraici italiani di non partecipare all’annuale Giornata del Dialogo promossa dalla Cei. Che Oltretevere ci sia imbarazzo traspare anche dalla scelta odierna della Radio Vaticana di diffondere un ampio servizio sulla “forte attenzione” sempre riservata da Benedetto XVI all’ebraismo e alla memoria della Shoah, ripetendo che le dichiarazioni negazioniste di Williamson rappresentano solo “posizioni personali, totalmente non condivisibili, e che tanto meno riguardano il magistero pontificio e le posizioni della Chiesa cattolica”.