violenza/degrado

Nelle cronache di questi giorni si parla con grande evidenza di episodi di violenza sessuale e non è facile capire se vi sia effettivamente una recrudescenza di questo odioso reato o se vi sia un’intenzione mediatica di sottolinearlo. Sappiamo dalle nostre fonti più antiche che il fenomeno non era affatto raro; la Torà e la legge rabbinica ne hanno prescritto le sanzioni che non sono corporali, ma prevedono il compenso economico alla vittima per “la vergogna, il dolore e le spese mediche”. La tradizione però non si limita a questo aspetto giuridico, perché ne sottolinea l’estrema pericolosità sociale; nella Bibbia vi sono tre casi di violenza sessuale con risultati disastrosi: la violenza subita da Dina, figlia di Giacobbe, che determina la distruzione di un’intera città; la violenza subita dalla concubina a Ghivà al tempo dei Giudici, che scatena una guerra civile contro la tribù di Beniamino; la violenza subita da Tamar, che porta alla morte del violentatore Amnon e alla rivolta familiare contro il re David.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

I raid punitivi che si moltiplicano in questa nostra Italia di violenze e stupri sono un segnale molto brutto e pericoloso di degrado e di deriva civile. Sono la volontà di vendetta che si sostituisce a quella di giustizia, la rappresaglia che prende il posto della ricerca del colpevole. Sono intrinsecamente e profondamente razzisti non perché siano mossi dalla volontà di aggredire l’immigrato di un colore diverso, ma perché se la prendono con gli “zingari”, i “rumeni”, gli “immigrati”, indipendentemente da quello di cui ogni individuo è responsabile, solo perché viene inserito in una categoria generale considerata tutta pericolosa. Questi comportamenti indicano la rinuncia ad ogni legalità e sono quindi, più degli stupri, più dei furti, più degli omicidi, un rischio per l’intera società. Una società che si fa giustizia da sola, e in questo modo assurdo, è fuori dalla legge e dalla civiltà.

Anna Foa, storica