bioetica/Obama
I dibattiti molto accesi su questioni di bioetica spaccano l’opinione pubblica, ma partono da presupposti che si ritengono scontati e condivisi. Si dà per scontato, a esempio, che il medico abbia in ogni caso il diritto-dovere di esercitare la sua attività. A questa idea, in realtà, nella storia del pensiero ci si è arrivati abbastanza tardi; perché se si pensa all’ordine naturale, o alla creazione (per chi crede in un Creatore) o al corso delle vicende umane come segnato da una volontà superiore, non è affatto automatico il diritto delle persone ad intervenire per cambiare gli eventi; se qualcuno è ammalato o ferito, si potrebbe pensare che così è stato decretato dal destino o dall’Alto, e nessuno potrebbe agire contro questa volontà. Anche la tradizione ebraica, che crede in un Creatore e nel suo intervento nella storia, ha ragionato su questi punti, e ha trovato la risposta proprio in una frase della parashà (la lettura biblica) di questa settimana; quando si prescrive il compenso dei danni per procurate lesioni personali, sono comprese le spese mediche. L’espressione ebraica è, letteralmente, “werappò yerappè”, da cui i Maestri deducono la regola: “è stato dato al medico il permesso di curare (lerappòt), ed è anche un obbligo”. Sempre da questa regola deriva un principio che non è affatto scontato ed è quanto mai attuale nei dibattiti di questi giorni: perché il permesso si riferisce alle cure, e non al prolungamento artificiale della vita.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
A Washington ferve l’attività dei centri studi che tentano di indirizzare o indovinare le scelte dell’amministrazione Obama. C’è consenso sulla necessita’ di rilanciare il rapporto con il mondo dell’Islam. L’interrogativo è chi saranno gli interlocutori. La telefonata più lunga Obama l’ha fatta al turco Gul. Il primo leader arabo atteso alla Casa Bianca è Hosni Mubarak. L’Indonesia lo ha già invitato a tornare in pellegrinaggio nei luoghi dell’infanzia e Ahmadinejad gli ha scritto una lunga lettera. Ma il primo vero passo di Obama è verso Damasco, dove è in arrivo John Kerry, uno degli uomini di cui il presidente si fida di più.
Maurizio Molinari, giornalista