Elie Wiesel: ricordare la Shoah nella difesa dei diritti umani
“Gli elementi naturali ormai stanno diventando una tradizione per le nostre giornate di studio” così il presidente della comunità ebraica di Venezia, Vittorio Levis, ha dato il via alla trentatreesima giornata di studio svoltasi quest’anno in occasione dell’ottantesimo compleanno di Elie Wiesel, sopravvissuto dell’olocausto e premio nobel per la pace. Tema dell’incontro era infatti Elie Wiesel: Ricordare la Shoah nella difesa dei diritti umani. Nonostante i disagi provocati dall’acqua alta la sala Montefiore presso il centro comunitario era gremita di gente, non soltanto persone appartenenti alla Comunità Ebraica di Venezia, ma anche cittadini interessati all’argomento.
Il coordinatore del convegno, professor Amos Luzzatto, ex presidente dell’UCEI e presidente dell’associazione di studio Primo Levi di Torino, ha introdotto una video-intervista ad Elie Wiesel di Alessandra Farkas: “Io penso che questa intervista di Elie Wiesel, ha affermato Luzzatto, inauguri nella maniera più opportuna una giornata che cade in un periodo particolare per noi che ricordiamo la Shoah e per coloro che dovrebbero ricordarla. Forse raramente prima di adesso abbiamo assistito ad un fiorire di espressioni negazioniste o addirittura di espressioni che vorrebbero annullare o far scomparire in una maniera banalizzante quello che le comunità ebraiche d’Europa hanno sofferto negli anni della Shoah e dello sterminio”.
“Non è un fenomeno ripetitivo, ha continuato l’ex presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che abbiamo già conosciuto, in questo momento è palese il desiderio, proveniente da ambienti diversi, di riabilitare le forze che direttamente o indirettamente hanno partecipato allo sterminio degli ebrei, questo è un dato di fatto che deriva dalla cronaca e dalle polemiche di questi giorni, che non può non preoccuparci seriamente. Negare oggi la Shoah, il peggior sterminio subito dal popolo ebraico, significa di per sé riabilitare le forze che hanno partecipato a questo sterminio. Questo è il momento nel quale bisogna erigere una barriera contro il tentativo di risvegliare i fantasmi del passato, un impegno che non riguarda soltanto le comunità ebraiche, ma che è di interesse comune per un vivere civile, per la democrazia del nostro Paese e per la speranza di un avvenire senza violenza e senza la soppressione di vittime innocenti.
Daniel Vogelmann editore de “La Giuntina”, ha incentrato la sua analisi su “La notte” di Elie Wiesel, il libro che l’ha reso editore. La notte, oltre ad essere il racconto dell’esperienza diretta di Wiesel è anche il libro dove viene posta la domanda fondamentale: dov’era Dio durante la Shoah?
Il termine genocidio, la sua storia, il significato e l’uso politico che negli anni se n’è fatto, nell’intervento di Antonio Cassese professore di diritto internazionale all’università di Firenze e giudice del Tribunale internazionale dell’Aja.
Come nasce il termine genocidio? “Nella storia dell’uomo ci sono sempre stati genocidi, prima venivano chiamati massacri, stermini, eccidi, uccisioni di massa” ha spiegato Cassese. “Oggi il termine genocidio viene definito da molti politologi come “the magic word”, la parola magica, sembra infatti che pronunciare la parola genocidio serva a risolvere tutto.
Di tono decisamente diverso l’intervento del Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma che ha focalizzato la sua attenzione sul ruolo dell’ebraismo nella promozione dei diritti umani. “Jonathan Sacks, Rabbino Capo delle Congregazioni ebraiche unite del Commonwealth, ha detto Di Segni, afferma che il linguaggio dei diritti umani è universale, ma parla con un accento ebraico” sottolineando il fatto che la Torah non parla mai di diritti ma di doveri.
“Nella Torah, ha spiegato il Rav Di Segni, troviamo il comandamento di non uccidere, come affermazione del diritto alla vita, di non rubare come affermazione del diritto alla proprietà, quindi nell’ebraismo il sistema giuridico-culturale impone il tema dei diritti umani , partendo non dai diritti, ma dai doveri dell’uomo e da quello che gli è proibito fare”.
Con l’intervento del professor Antonio Papisca, ordinario di relazioni internazionali all’Università di Padova si torna nell’ambito strettamente giuridico. Il professore prende infatti le mosse dall’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo facendo un parallelo fra il diritto alla libertà e all’uguaglianza per ciascun essere umano e il diritto alla cittadinanza universale.
La giornata di studio, occasione anche per distribuire le borse di studio offerte dalla Fondazione Veneto Banca, dalla Codess Cultura e dalla Comunità ebraica di Venezia ai vincitori Piergabriele Mancuso per lo studio “Neim Zemirot Israel: analisi e spunti per una riflessione sulla pratica musicale a Venezia tra XVII° e XX° secolo” e Stefania Silvestri per lo studio : “Ketubot: contratti matrimoniali stipulati a Venezia nel ‘700”si è conclusa con l’intervento del Rav Roberto Della Rocca, che ha analizzato le connessioni tra il concetto di esilio, tempo e memoria in Elie Wiesel, presentando l’esilio come la metafora della diversità e scelta per resistere alla perdita della propria identità.
Michael Calimani