Da Durban 2001 a Ginevra 2009
Penso che tutti gli addetti ai lavori abbiano un ricordo molto vivido della conferenza contro il razzismo tenutasi a Durban nel settembre del 2001.
Il tema nobilissimo della lotta contro il razzismo era stato stravolto ad opera di molte delle ONG presenti al Forum in una serie di accuse rivolte contro Israele e solo contro Israele fino a degenerare in una fisica caccia all’ebreo che sconvolse chiunque ne fosse stato testimone. Charles Graves di Interfaith International, alla conferenza di Durban aveva persino avallato come giustificati gli attacchi suicidi contro civili israeliani, che in quel periodo stavano arrivando all’apice della violenza.
Nell’aprile del 2008 oltre 100 delle ONG rappresentate a Durban nel 2001 hanno sottoscritto un documento nel quale tra l’altro si afferma che “gli osservatori sono stati scioccati dalle violazioni procedurali nei processi preparatori e di redazione delle bozze, dal trattamento razzista che includeva violenza, esclusione ed intimidazione nei confronti di partecipanti ebrei, e dall’abuso di terminologie specifiche dei diritti umani nel documento riferito al conflitto israelo-palestinese”. La stessa alta commissaria dell’ONU per i diritti umani , Mary Robinson, ha denunciato “l’atmosfera carica di odio e perfino razzista” in senso antisemita presente al Forum delle ONG di Durban e ha pertanto rifiutato di sostenere la dichiarazione finale emersa da quel Forum (che, ricordiamo, era avvenuto sotto l’egida dell’ONU).
Siamo ora alla vigilia della Conferenza denominata Durban II, che comincerà a Ginevra il 20 aprile e avrà il compito di monitorare i risultati conseguiti (o i fallimenti) nel campo dei diritti umani dal 2001 a oggi.
Da anni oramai gli stati e le ONG del mondo islamico stanno alacremente lavorando alla elaborazione di documenti che contengano, mediante un uso attento delle parole, accuse infamanti nei confronti di Israele e portino alla delegittimazione di fatto, se non de jure, dello stato ebraico.
Genocidio, pulizia etnica, crimini contro l’umanità, apartheid sono parole che si rincorrono nei documenti che dovranno confluire in quello conclusivo. Oltre ad Israele non vi è neppure un solo stato, dei 191 membri dell’ONU, che sia menzionato come razzista o sistematico violatore dei diritti umani.
Una delle conferenze preparatorie, riunita a Ginevra dal 6 al 17 ottobre 2008 e presieduta dalla Libia (!), ha visto le ONG partecipanti dividersi sul tema delle accuse ad Israele e all’occidente contenute, ad esempio, nell’agenda proposta dall’ Organizzazione della Conferenza Islamica. BADIL (Centro risorse per la residenza palestinese ed i diritti dei rifugiati) , finanziata tra l’altro dall’Irlanda, dalla Norvegia,, dalla Svizzera, ha accusato Israele di “sistematica pulizia etnica”. Altri incontri non ufficiali di ONG che dibattevano sull’opportunità di chiedere alle Nazioni Unite, come già nel 2001, un Forum delle ONG che affiancasse quello degli stati, hanno portato ad aperti attacchi nei confronti dei rappresentanti delle ONG ebraiche. Un attivista di una ONG presente a Ginevra ha dichiarato che “noi abbiamo dei problemi con i filo-israeliani. Condanneremo l’occupazione della Palestina. Noi sappiamo chi siete e dove trovarvi. Noi…sappiamo tutto di voi”.
Può essere utile ricordare, a questo punto, come è composto il Consiglio dell’ONU sui Diritti Umani, recentemente rinnovato allo scopo di evitare le clamorose cadute di credibilità e autorevolezza verificatesi in passato.
Un nigeriano ne è il presidente, diplomatici dell’Azerbaijan, delle Filippine, dell’Argentina e del Canada sono vicepresidenti. Nel Consiglio siedono fra altri rappresentanti dell’Angola, del Camerun, della Cina, di Cuba, dell’Indonesia, del Madagascar, della Malaysia, del Nicaragua, del Pakistan, della Russia, dell’Arabia Saudita, del Senegal, dell’Ucraina. Il comitato incaricato di preparare la conferenza di Ginevra denominata per semplicità Durban II è presieduto dalla Libia; cubano è il suo portavoce, iraniano un membro dell’esecutivo. Insomma, la garanzia del risultato è assicurata a priori.
Coloro che – stati e ONG, ma anche media e istituzioni culturali – hanno veramente a cuore il rispetto dei diritti umani possono difendersi da questo assalto che viene accuratamente preordinato contro chiunque difenda Israele o non sia disposto a mettere Israele, e solo Israele, sul banco degli accusati?
Vi è chi ha scelto la via della non partecipazione a Durban II, come gli Stati Uniti, il Canada, l’Italia e ovviamente Israele. E’ un modo per sottolineare la mancanza di imparzialità e di credibilità della conferenza, per delegittimarla a priori. E vi è anche chi parteciperà, vigilando però sui quattro punti comunemente indicati come la linea rossa oltre la quale si entra nel terreno minato dell’antisemitismo e della demonizzazione del solo Stato di Israele:
1) accusare il solo Israele di infamanti violazioni dei diritti umani
2) includere nel documento finale la clausola che vieta la diffamazione delle religioni, che mediante un suo uso strumentale impedirebbe di criticare l’estremismo religioso islamista
3) elencare in ordine di importanza di una serie di forme di razzismo, con l’islamofobia come quella principale: pur essendo una grave manifestazione di intolleranza l’islamofobia, già denunciata anche al Forum dell’OSCE di Bucharest (giugno 2007) come forma di razzismo, va posta sullo stesso piano di tutte indistintamente le forme di razzismo,senza graduatorie
4) la soppressione dal documento della conferenza del 2001 della menzione della giornata di commemorazione della Shoah e della condanna dell’antisemitismo.
I diritti umani e chi genuinamente li esercita e difende non devono in alcun modo diventare gli ostaggi prediletti di chi al contrario li stravolge e usa solo per fomentare odio. E’ successo a Durban otto anni fa, non deve ripetersi a Ginevra fra 7 settimane.
Federico Steinhaus, Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane