Moshè/Aleichem

La parashà di Tetzavè è l’unica parashà della Torà (dopo la comparsa di Moshè) in cui non venga menzionato il nome di Moshè. Questa parashà inoltre capita nella settimana del 7 di adar, giorno della nascita (e della morte) di Moshè Rabbènu. Un grande Maestro contemporaneo, rav Sorotzkin nota che nell’ebraismo non esiste una giornata che commemori la nascita del suo profeta fondamentale, di quello che in altre religioni sarebbe considerato il fondatore di quella religione. Non solo questo. Moshè, protagonista principale dell’uscita dall’Egitto, non compare nella Haggadà di Pèsach, libro dedicato alla commemorazione di quest’evento. Infine la Torà si conclude con la morte di Moshè e con l’affermazione che il luogo della sepoltura di Moshè è e sarà ignoto. Secondo rav Sorotzkin, tutti questi elementi sono fondamentali per capire il rapporto della tradizione ebraica con Moshè. Da una parte egli è considerato il più grande dei profeti ma allo stesso tempo si vuole evitare in qualsiasi modo che si possa arrivare alla sua divinizzazione. Per questo motivo la sua tomba è ignota, per evitare i possibili pellegrinaggi, il giorno della sua nascita non viene commemorato e addirittura nella parashà che capita in quella settimana non compare il suo nome.

Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano

Sono passati 150 anni dalla nascita dello scrittore yiddish Shalom Aleichem. Una troupe televisiva ucraina è venuta a Manhattan per girare un documentario sugli ultimi anni della sua vita, passati nel Bronx. Hanno chiesto alla nipote Bel Kaufman, 98 anni, di descrivere il nonno. Lei lo ha fatto citando Isaac Bashevis Singer: “Puo’ uno scrittore popolare essere un genio e un genio pensare come un uomo qualsiasi? Se tale fenomeno è possibile, Shalom Aleichem è quanto più gli assomiglia”.

Maurizio Molinari, giornalista