Qui Roma – Il Beth Yehudà: un piccolo tempio per un maestro indimenticabile

Il rav Shear Yashuv Cohen, rabbino capo di Haifa, a Roma in questi giorni per partecipare ai lavori della Commissione bilaterale fra rabbinato centrale e Vaticano (insieme al rav Ratzon Arussi rabbino di Qiriat Ono), ha appena terminato di recitare la benedizione delle cose nuove per accogliere il sefer donato dalla famiglia in memoria di Marcello Barda, combattente della Guerra di Indipendenza d’Israele del 1948, che ha fatto dell’amore per la terra di Israele lo scopo e il fulcro della sua vita.
Il cortile della scuola è gremito di studenti, ma anche di persone comuni e di rappresentanti della Comunità Ebraica di Roma fra cui il rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni, il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, il direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, rav Roberto Della Rocca, i consiglieri Jaques Luzon, Ruth Dureghello, Guido Coen, Massimo Misano e Aide Naouri oltre ad altri rabbanim provenienti da fuori Roma fra cui il rav Giuseppe Laras e il rav Alberto Sermoneta intervenuti per celebrare un giorno significativo nella storia della scuola ebraica di Roma, che inaugura il suo tempio, il Bet Yehudà, in memoria del morè Nello Pavoncello, i cui lavori sono stati resi possibili grazie al contributo della moglie Rina Menasci e del Bet ha midrash, l’aula di studio donata dalla famiglia in memoria di Rossella Limentani, nota a tutti come Rossella di Boccione (una delle proprietarie della famosa pasticceria che sorge nel cuore del ghetto).
“L’ingresso di questo sefer nella scuola, segna un particolare legame fra la terra d’Israele e il cuore di questa Comunità. Esso infatti è stato iniziato a scrivere a Gerusalemme ed è stato terminato di scrivere ad Ashdod nei giorni della guerra a Gaza” ha detto rav Benedetto Carucci Viterbi, preside della scuola, nel sottolineare la storia singolare di questo sefer che è stato letto per la prima volta ad Ashdod nel giorno in cui l’ultimo soldato israeliano è uscito da Gaza.
Pochi minuti prima gli studenti della scuola avevano recitato la tefillà nel piccolo tempio Bet Yehudà in una sala completamente restaurata in onore del Morè Nello, rabbino e maestro, insegnante indimenticabile “che dalle Scuole ebraiche e dalla Piazza ha diffuso la Torà nella nostra Comunità” come recita la targa in suo onore apposta all’interno della sala. Il progetto dei lavori di questo tempio, il cui aron interamente restaurato risale ai primi del ‘900 e proviene dalla scola spagnola che si trovava nella Vittorio Polacco (la scuola elementare che si è da poco trasferita al palazzo della Cultura), è stato affidato dalla moglie del morè Nello, la signora Rina Menasci, all’architetto Umberto Menasci.
“Dobbiamo capire bene quello che sta avvenendo, ha detto il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, rivolgendosi ai ragazzi della scuola, “immaginate quanto è importante per i nostri anziani vedere realizzato proprio nei giorni della festa di Purim, questo nes, questo miracolo di rivedere una grande scuola ebraica nello stesso luogo in cui c’è stata la deportazione del 1943”.
Il Bet Yehudà, il quindicesimo tempio operativo nella Comunità Ebraica di Roma, che fra poco si arricchirà anche dell’apertura di una nuova sinagoga a Ostia, potrà ospitare oltre agli studenti della scuola ebraica anche gli adulti che vorranno frequentarlo quotidianamente. La tefillà del mattino (shachrit) si svolgerà poco prima dell’orario scolastico per consentire a coloro che vorranno parteciparvi, di entrare in classe regolarmente al suono della campana delle otto e venti.
“Il tempio rappresenta uno strumento di educazione alla tefillà” dice Benedetto Carucci Viterbi, e a proposito della partecipazione dei ragazzi alla tefillà del mattino, spiega ” i ragazzi si sono fidelizzati e c’è un buon numero di persone che vi partecipa ogni mattina. In questo tempio gli studenti potranno sentirsi parte attiva della tefillà poiché nonostante la presenza quotidiana del rav Ariel Di Porto, potranno essi stessi recitare la tefillà di shachrit o leggere il sefer Torà”.
Ma la cosa più importante è il fatto che è prevista l’apertura di questo tempio in alcuni shabbatot e, come ulteriore elemento di coesione fra i ragazzi, l’organizzazione di alcuni pranzi di shabbat.
Sì, è una giornata speciale per i ragazzi della scuola ebraica di Roma che faranno di questo tempio una realtà viva e pulsante, luogo di studio e di preghiera proprio come avrebbe desiderato il Morè Nello.

Lucilla Efrati