La lettera di Benedetto XVI e le nostre reazioni

La lettera di Benedetto XVI a proposito del caso Williamson è un documento di portata eccezionale e di natura inedita, soprattutto perché esprime senza reticenze e diplomazie il pensiero del Papa. Naturalmente sulle questioni specifiche ognuno può giudicare quelle parole come vuole ma, per quanto riguarda i rapporti ebraico-cristiani, appare indiscutibile che avevano ragione quegli autorevoli rabbini che dissero che le intenzioni del Papa era “pure” e del tutto positive. Nel nostro piccolo, alcuni di noi – come il sottoscritto e Guido Guastalla – sostennero in varie occasioni che così stavano le cose e incitarono con toni pacati a non interrompere il dialogo. Taluno ha ritenuto invece di emettere sentenze, come quella secondo cui erano stati gettati alle ortiche quaranta anni di dialogo, la cui infondatezza e il cui estremismo appaiono oggi in tutta la loro evidenza. Altri hanno ritenuto di appiopparci una scarica di legnate polemiche e un mezzo herem condito di espressioni volgari del genere «stai zitto tu che io soltanto ho il diritto di parlare». Come se non bastasse, quando abbiamo chiesto parole di chiarezza sul caso Williamson (che, come si è visto, sono pienamente arrivate), l’eccesso di zelo di alcuni integralisti cattolici ci ha riservato una scarica di legnate simmetrica all’insegna di: «non permettetevi di toccare il Papa». Oggi, se circolasse ancora una dose minima di decenza, diverse persone dovrebbero chiedere scusa e tacere per un po’. Per ora di scusa ne è arrivata una. Molto poco. Confidiamo almeno nel silenzio.

Giorgio Israel, storico della scienza