Verso Pesach – Il malvagio al tavolo del Seder

“La Torà parla di quattro tipi di figli: uno saggio, uno malvagio, uno semplice e uno che non è capace di fare domande” (dalla Haggadà di Pesach, traduzione di R.Bonfil)

Ci si può domandare perché mai questo ordine: non sarebbe stato più logico mettere il malvagio all’ultimo posto, riportando i figli secondo l’ordine della loro saggezza? Spiega il grande mistico Rabbì Izchak Luria, noto come l’Haarì Hakadosh, che i chachamim hanno voluto darci un ordine secondo cui i figli debbono stare vicini, l’uno assieme all’altro. In questo caso il saggio è l’unico che possa avere la capacità di aiutare il malvagio, senza subirne a sua volta influenze negative. Mentre il figlio che non è capace di fare domande può essere aiutato dal figlio semplice, il figlio malvagio ha necessità di una grande luce, ha necessità della vicinanza del saggio, e il saggio si prende cura del malvagio…

Il rashà (malvagio) dice: “Che cos’è per voi questa cerimonia?”
“Per voi, non per lui. Ed avendo egli escluso se stesso dalla collettività e rinnegato il principio basilare dell’Ebraismo…”.

Il passo chiede un commento, in quanto a prima vista non riusciamo a capire come il malvagio abbia negato il principio basilare dell’Ebraismo; non vediamo qui rinnegata la presenza di D-o Benedetto, e allora?

Il Rav Avraham Kook e suo figlio, Rav Zvì Yehuda, usavano dire ai loro discepoli che “proprio l’esclusione dalla kedushà del klal Israel rappresenta la negazione del principio basilare dell’Ebraismo” (Olat Re’aià 2,275), come possiamo apprendere anche dalla Mechilta, Bo: “e siccome si è fatto uscire dal klal…”. Si può essere peccatori, anche gravi peccatori, ma sentirsi parte integrale del klal Israel, del popolo ebraico.

Questa è anche la lezione che ci ha insegnato Moshé Rabbenu subito dopo il peccato del vitello d’oro; Mosè non è pronto ad accettare la proposta del Sign-re di divenire il capo di un nuovo popolo ebraico e chiede al Sign-re di perdonare al popolo o di cancellarlo dal Suo libro: si può dire che Mosè supera la prova, mostrando un grande spirito di abnegazione e amore per il suo popolo, anche se ha peccato, insegnando che non si può mutare l’elezione di Israele; in questo popolo vi sono giusti (Zadikim), uomini medi (benoniim) e anche malvagi (rashaim) e tutti insieme formano il klal Israel: “Un ebreo che crede nella knesset Israel è un ebreo che vive con la knesset Israel così com’è ed è pronto a morire per lei, soffre per le sue sofferenze ed è lieto per la sua gioia, partecipa alle sue guerre, rimedia le sue cadute e gioisce per le sue vittorie…” (Rav Soloveitchik, Al hateshuvà).

Non si può uno credere saggio, se lascia suo fratello con la sensazione di essere escluso dalla vita del popolo ebraico: noi tutti eravamo schiavi in terra d’Egitto e noi tutti fummo liberati da questa schiavitù.

Alfredo Mordechai Rabello, giurista – Università Ebraica di Gerusalemme