Verso Pesach – La Pasqua ebraica e quella cristiana
La festa di Pesach ha destato, per vari motivi, l’opposizione di molti governi, sotto cui si sono trovati gli ebrei; per il periodo adrianeo leggiamo nella Mechilta derabbì Ishmael: “Rabbi Natan dice: …Per quelli che amano i Miei Comandamenti. . . si riferisce agli Ebrei che vivono in Terra d’Israele e che rischiano la loro vita per i Comandamenti… Perchè mai vai ad essere crocifisso? – Perchè ho mangiato il pane azzimo…”. In questo caso il divieto delle matzot fa parte di una serie di divieti di osservanza delle mitzvot da parte dell’autorità romana.
La problematica cambia nell’Impero romano cristiano: se per gli Ebrei la festa di Pasqua ricorre ogni anno il 14 del mese di Nissan per celebrare l’uscita dall’Egitto, la Pasqua cristiana commemora invece la passione e la risurrezione di Gesù, che secondo la tradizione cristiana ebbero luogo proprio durante la Pasqua ebraica. Per questo motivo la Chiesa delle origini trovava perfettamente naturale fissare la data della Pasqua secondo quella ebraica. In tale epoca gli ebrei non avevano però un calendario lunare fisso, come oggi. Ogni volta si fissava l’inizio del mese a seconda dell’apparizione della nuova luna. I testimoni e alcuni padri della Chiesa trovarono ben presto insopportabile che si dovesse aspettare che i Rabbini avessero fissato la data del nuovo mese per poter essi stessi fissare la data della loro Pasqua. Quando la festa fu introdotta a Roma la celebrarono la domenica dopo la Pasqua ebraica, come ad Alessandria.
Dopo numerose discussioni fra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente, la questione fu portata al Concilio di Nicea che minacciò punizioni per quei cristiani che celebrassero la loro Pasqua nello stesso tempo della Pasqua ebraica. Il problema fu affrontato in altri Concili della Chiesa ma era evidentemente di difficile soluzione e sembra essere ancora attuale al tempo di Giustiniano tanto che l’onnipotente imperatore vuol porvi fine una volta per tutte.
Nel 543 egli decretò, stando almeno a Procopio, che gli ebrei non potessero celebrare la loro Pasqua altro che dopo la Pasqua cristiana, per evitare così che i cristiani partecipassero al Seder degli Ebrei. “E non permetteva neppure di fare la loro offerta a D-o, nè il compimento di ogni cerimonia, secondo i loro propri costumi. E molti di loro sono stati perseguitati dalle autorità per aver mangiato carne d’agnello, con lorde ammende, sotto il pretesto di violazione delle leggi dello Stato”. Abbiamo qui senza
dubbio una grave offesa alla libertà delle feste ebraiche: oramai si tratta di un’osservanza tollerata, sottoposta sempre all’arbitrio di questo o quell’Imperatore.
Alfredo Mordechai Rabello, giurista – Università Ebraica di Gerusalemme