Durban II: la marcia indietro degli Usa

Dapprima l’amministrazione Obama ha prospettato di tornare a Durban II per influire sul contenuto della risoluzione sul razzismo. Poi, dati i contenuti inaccettabili della bozza, ha confermato la decisione di Bush di tenersene fuori. La fermezza, inclusa quella dell’Italia ha pagato: pare che la bozza sia stata corretta ampiamente anche se, come ha detto l’ambasciatore Usa all’Onu Susan Rice, contiene ancora aspetti problematici. Difatti, pare che vi si ribadisca la mozione di Durban I che qualifica Israele come Stato razzista. Tanto però è bastato all’amministrazione Obama per prospettare l’eventualità di un’altra marcia indietro, ovvero di partecipare alla conferenza. Così si rischia che ne venga fuori una mozione di “blanda” condanna approvata anche dagli Usa: il peggio del peggio.
Malgrado le apparenze non è la politica del sor Tentenna, come è dimostrato dall’annuncio che gli Usa vogliono rientrare nel Consiglio dei diritti umani per “lavorare insieme” a tutti i paesi senza fare troppe questioni di “bianco e nero”; e dall’invito a far entrare la Turchia in Europa, proprio dopo che Erdogan si era opposto alla candidatura dell’ex-premier danese Rassmussen alla segreteria della NATO perché non aveva censurato le vignette su Maometto. Non è la politica del sor Tentenna. È la grande promessa di una politica ispirata a un afflato umanistico e morale che si affloscia in una modesta realpolitik.

Giorgio Israel, storico della scienza