maldicenza/liberazione

Shabbàt leggeremo la Parashà di Tàzri’a che parla della Tzara’àt, una malattia che colpiva la pelle di chi faceva maldicenza. Un uomo con la pelle chiazzata di macchie bianche di Tzarà’at era considerato impuro dal Sacerdote ma qualora l’intero corpo fosse ricoperto da un’unica macchia bianca allora il Cohen doveva dichiarare la persona pura. La stranezza è manifesta. Per il Rebbe di Lisansk la Torà insegna con ciò che volte, per ravvedersi, è necessario vedere fino in fondo in quale vergognoso stato si è caduti. Allora si inizia a riacquistare la purità perduta anche senza l’aiuto del Cohen. Maestri del Talmud (Sanhedrìn 97a), invece, interpretarono questa originale norma in modo simbolico: ogniqualvolta il mondo si ricoprirà di odio e maldicenza verso Israele allora Dio farà in modo che inizi per gli ebrei un momento di felicità e prosperità. Se ciò è vero, dopo la disonorevole dichiarazione di Durban 2, dovrebbe cominciare quanto prima per Israele la tanto attesa e giusta considerazione.

Roberto Colombo, rabbino

Il 25 aprile del 1945, gli eserciti alleati hanno liberato l’’Italia del Nord dall’’occupazione dei tedeschi e del regime di Salò. Le grandi città del Nord, Genova, Torino e Milano sono insorte, e i partigiani vi sono entrati. Mussolini, in fuga in divisa tedesca, è stato giustiziato. L’’Italia era liberata e la guerra era finita. E’’ vero che questa liberazione è stata opera degli Alleati, non della guerra partigiana, che è rimasta comunque un fenomeno minoritario. Ma è anche vero che si deve alla lotta partigiana e all’’insurrezione dell’’aprile 1945 se gli italiani hanno potuto, in qualche maniera, entrare a far parte delle nazioni vincitrici e non semplicemente di quelle vinte. Se hanno lavato la vergogna del giugno 1940, dell’’attacco alla Francia moribonda. Non è solo la retorica dei decenni successivi a dirlo, ma la storia di quei giorni. Ho in mente l’’immagine della cerimonia della Liberazione a Milano, con il rappresentante del CLN a fianco degli alti ufficiali alleati, che parla in piazza del Duomo e bacia in segno di omaggio la bandiera italiana. Quel 25 aprile avevo quattro mesi, e uscii anch’’io dalla clandestinità. Come tanta parte degli italiani, come tutti gli ebrei.

Anna Foa, storica