Moked – Educazione ebraica: quattro percorsi possibili

Credo sia chiaro a tutti che il nostro primo compito non è soltanto rappresentare l’ebraismo nel contesto italiano, ma trasmetterlo. Questo significa innanzitutto, come diciamo ogni volta che recitiamo lo Shemà, “ripeterlo ai nostri figli”. La nostra identità è trasmissione, passaggio fra le generazioni. I nostri maestri dicono che la prova dell’ebraismo di una persona non va cercata tanto tra i suoi antenati, ma soprattutto fra i suoi discendenti. E’ ebreo, qualcuno ha affermato, chi ha nipoti ebrei. Ma l’ebraismo italiano può oggi essere sicuro di soddisfare questo criterio? Questo è il problema che dobbiamo affrontare, prima di ogni altro.
Il ruolo di Assessore ai Giovani che ricopro da alcuni mesi mi impone di affrontare il problema in maniera propositiva, concreta e schematica.
Con il rav Roberto Della Rocca e con Alan Naccache siamo impegnati in un piano di lavoro innovativo e condiviso, finalizzato a fornire risposte tangibili alle 8 mozioni del Congresso 2006 riguardanti i giovani.
Esiste un problema reale numerico/demografico dell’ebraismo italiano. La chiave di questo problema sono i giovani – su di loro si gioca il futuro. Dobbiamo evitare di perderne e recuperare i lontani.
I giovani ebrei sono nella grande maggioranza simili ai loro coetanei goym, appartengono alla stessa cultura e vogliono le stesse cose.Se ci limitiamo a quelli già religiosi il ridimensionamento sarà velocissimo – dobbiamo lavorare con gli altri.
Come fare? Usare il linguaggio giovanile. Permettere ai giovani di fare in ambito ebraico quel che più interessa loro.
Roma e Milano
Le Comunità di Roma e Milano nell’agire per i giovani hanno un radicamento sul territorio che l’UCEI non potrà mai raggiungere. Raggiungono il 90% degli ebrei italiani appartenenti alla fascia di età 3 – 30 anni
In passato non hanno mai interagito.
Negli ultimi mesi è nata una proficua collaborazione, sostenuta dall’UCEI e condivisa dagli Assessori ai Giovani di Roma e Milano in cui l’UCEI  si  è proposta come un partner operativo per professionali e uffici giovani di Roma e Milano
A differenza di altre iniziative culturali in cui le piccole e medie Comunità possono eccellere, le attività giovanili necessitano della massa; è perciò oggettivamente difficile organizzare grandi eventi con le sole piccole e medie.
L’Assessorato ai Giovani UCEI crea i presupposti per una assunzione di responsabilità delle grandi Comunità nei confronti delle piccole e medie Comunità, soprattutto quando territorialmente vicine.
L’ufficio Giovani Nazionale è il braccio operativo dell’Assessorato ai Giovani: un qualificato erogatore nazionale di servizi, un potente collante, non è la 21° Comunità, né entra in concorrenza con Roma come in passato. Contribuisce economicamente e verifica la qualità di tutti quei progetti di Roma e Milano rivolti anche alle medie e piccole Comunità,
Tutti i fondi fino ad ora utilizzati dall’Assessorato ai giovani sono esclusivamente a progetto, con attività già svolte, rimborsate con date certe e con budget già approvati e finanziati. 
Su questo problema così centrale l’ UCEI vuol passare da un ruolo di rappresentanza a un ruolo attivo di servizio.
Abbiamo deciso di lavorare direttamente con i giovani, accanto alle comunità: facciamo da ponte fra quelle più grandi, che hanno già i loro progetti, e quelle minori, offriamo supporto soprattutto dove non esistono le scuole ebraiche o i gruppi giovanili organizzati – i principali modi di trasmissione dell’identità – cerchiamo anche di raggiungere i genitori che non se ne avvalgono.
Il nostro compito è trasmettere la nostra identità di generazione in generazione
Paul Ricoeur, grande filosofo francese del Novecento, cattolico che è stato sempre in dialogo con l’ebraismo, ha scritto che l’identità si coniuga in due modi: vi è l’identità “ipse”, per cui una persona o un popolo è proprio quella singola realtà, per esempio noi siamo il popolo delle mitzvot e del monoteismo; ma vi è anche l’identità “idem” per cui ciascuno è erede del suo passato, continua la storia della sua famiglia, della sua vita, dei suoi avi. Da questo punto di vista noi siamo gli eredi: del Sinai e del patto, di mille eroismi e sofferenze. Per essere “ipse”, bisogna essere “idem”, continuare e ricordare. Questo è essenziale per l’ebraismo.
Il compito che ci unisce è calare tutto questo nella pratica e lavorarci con entusiasmo senza stanchezza o esitazioni. Solo così l’ebraismo italiano si conquisterà il prolungamento dei suoi giorni.

Claudia De Benedetti, vicepresidente UCEI

Lontani dagli occhi vicini al cuore

Le definizioni “invisibili” e “lontani”non mi piacciono molto ma capisco che sono utili come convenzioni per identificare il tema. Detto ciò il vero problema e che le statistiche ci dicono che negli ultimi anni la popolazione ebraica iscritta alle Comunità italiane italiana è passata da circa 35 a 23 mila.
Se togliamo una percentuale probabilmente minoritaria di coloro che sono emigrati all’estero e in Israele dove sono gli altri? Perché non sono più iscritti ? Si sono assimilati? Ma soprattutto sappiamo chi sono? Il vero problema è che, nonostante le buone intenzioni, non conosciamo il target di riferimento e senza conoscere il target non possiamo realizzare una strategia.
Sappiamo che questo fenomeno colpisce moltissimo le piccole Comunità, ma è altrettanto grave nelle “medie e nelle grandi”. Probabilmente solo le grandi potranno, se agiranno per tempo, dare una risposta efficace. Per le piccole è pensabile che si riuniranno per Regioni o macro Regioni.
E’ oggi necessario fare uno sforzo per comprendere fino in fondo questo fenomeno e con la massima apertura mentale liberandoci di eventuali giudizi preconcetti  E’ ovvio che tutte le Istituzioni , con diverse responsabilità e ruoli,  hanno operato ed operano con la massima professionalità e buona volontà e che le iniziative fin qui intraprese sono importanti, ma non è questo il punto. Il punto è cercare capire insieme  fino in fondo tutti i fattori che determinano l’allontanamento e dare una risposta coerente.
E’ del tutto chiaro che il fenomeno più evidente che determina l’allontanamento è quello che riguarda i Matrimoni Misti, ma sarebbe riduttivo affrontare solo questo tema,  perchè’ il fenomeno ha anche chiare e sempre maggiori motivazioni sociali ed economiche e in particolare: la delocalizzazione dalle zone centrali delle città per motivi economici o professionali, far parte di una Comunità costa, mandare i figli alla Scuola Ebraica, laddove esiste costa, mangiare Kasher costa, l’assistenza costa, sostenere i movimenti giovanili costa. La grave crisi di crescita economica attuale non fa che accrescere questo disagio. C’è infine la questione culturale ed identitaria in relazione all’ebraismo ortodosso italiano. Una questione a mio avviso spinosa solo in apparenza. C’è una crescente domanda di iniziative di cultura ebraica che deve essere soddisfatta e che abbiamo prova essere un potente strumento di avvicinamento, a prescindere dallo Status. Su questo punto accanto alle iniziative istituzionali (ad esempio Kesher di Milano 250 iscritti e c.a 50 partecipanti ogni settimana, l’UGN e gli Assessorati ai giovani locali….) sono numerose le iniziative non istituzionali (mi viene in mente, ad esempio, Baharier che con le sue lezioni per il pubblico milanese riempie i Teatri e ce ne sono molte altre). Sul discorso della Kasherut mi preme sottolineare come sia paradossale che proprio mentre assistiamo ad un ritorno della domanda di ebraismo tradizionale, compiere una mitzvà quotidiana, come mangiare Kasher, sia diventato un privilegio di poche elites. Su questo tema e su altri temi sociali andrebbero studiate anche le recenti iniziative intraprese dalla Comunità di Roma. 
Per ognuna di queste questioni,  occorrerebbe, a mio avviso, una risposta mirata canalizzando tutte le risorse (Umane ed Economiche)  non solo per progetti ma per aree tematiche. Lo strumento della comunicazione deve essere considerato assolutamente strategico e utilizzato da tutte le Istituzioni all’interno che all’esterno  per mettere a sistema le azioni intraprese e da intraprendere. Anche lo strumento del volontariato va messo a sistema. Abbiamo un grande numero di importanti sigle e persone che dedicano il loro prezioso tempo ad aiutare gli altri, ma che potrebbero essere coordinate e sostenute a  livello nazionale per  poter dare risultati costanti.
Oggi più che mai le Comunità, se vogliono trattenere gli iscritti e avvicinare i lontani, devono essere ma soprattutto devono essere percepite con un Centro Servizi di aiuto, di ascolto, di fornitura di servizi alla Famiglia, ai giovani, alle persone in genere, sia in coordinamento con i servizi pubblici, sia in concorrenza con gli stessi .
Quindi le azioni dovrebbero poggiare a mio avviso su questi fattori ; Identità e cultura, Comunità-centro servizi e Comunicazione interna ed esterna.
L’Unione può avere un ruolo essenziale in tutto questo e cioè quello di  “Fornire le linee guida e le raccomandazioni” alle Comunità e  coordinare, sostenere e pungolare le azioni locali.
L’avvicinamento dei lontani per aree tematiche e i servizi offerti dalle Comunità diventano così propedeutici sia all’azione di avvicinamento che all’eventuale conversione per alcuni, quest’ultima che così, pur nel rispetto delle prerogative esclusive del Rabbinato, viene meglio canalizzata ed in ultima analisi resa possibile anche se ovviamente mai certa. 
In base a quanto sopra esposto si potrebbe definire un’ipotesi di “ Programma “ per l’avvicinamento
 L’approccio: “I lontani (e i vicini) siamo noi”
 Abbiamo visto che in questo momento storico in cui i numeri ci dicono che stiamo progressivamente diminuendo e  siamo costretti a cercare di capire chi sono, ma soprattutto dove sono i c.d“lontani” ma così facendo ci poniamo automaticamente nella condizione di “vicini”.
In realtà penso che tutti noi siamo, con diverse gradazioni e con alcune eccezioni, un po’ tutti lontani e un po’ tutti vicini.
Quel sentimento e quella volontà che ci porta ad essere attivi, con diverse intensità  di partecipazione e responsabilità, in istituzioni internazionali, nazionali e comunitarie, nei Bet knesseth, nelle associazioni culturali, sociali, sportive, nel volontariato, nei movimenti giovanili, nelle scuole, con gli anziani, nel sostegno ad Israele e ancora in iniziative non istituzionali o anche singolarmente, per affermare, ricercare, approfondire la nostra identità ebraica e il desiderio di condividerla cos’altro è se non la sensazione o la paura di essere lontani e il desiderio di essere più vicini, ciascuno a modo suo, chi più religiosamente, chi più culturalmente, chi tutti e due?
Si può diventare  lontani, pur essendo stati sempre vicini, semplicemente perché si va a vivere in una città dove non c’è una Comunità oppure è così piccola da non poter fornire i servizi essenziali. Si può diventare lontani perché negli anni che vanno dall’Università alla famiglia ci sono meno occasioni di aggregazione.
Allo stesso modo però si può essere lontani perché non conosciamo cosa ci può dare una Comunità, oppure non ci da quello che noi riteniamo ci debba dare. Si può essere lontani per questioni economiche e non ci sentiamo di chiedere aiuto.
Si può essere lontani nelle statistiche, ma vicini e attivi religiosamente, culturalmente e socialmente.
Sono convinto  che nell’arco della loro vita  moltissimi Ebrei  abbiano sperimentato, chi più chi meno, chi prima chi poi, sia la condizione della lontananza che della vicinanza.

Riccardo Hofmann, Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

La Giornata della Cultura

La manifestazione nasce nel dipartimento del Basso Reno (Alsazia) nel 1996 sotto il nome di “Porte aperte”, su iniziativa dell’Agence de Développement Touristique du Bas-Rhin e del B’nai B’rith Hirschler, estendendosi progressivamente per diventare nel 1999 “Giornata europea della cultura ebraica”.

Dal 2000 al 2003, la manifestazione è stata organizzata su piano europeo da quattro organizzazioni: l’Agence de Développement Touristique du Bas-Rhin, il B’nai B’rith Europe (BBE), l’European Council of Jewish Communities (ECJC) e la Red de Juderias de España. Dal 2004, è co-organizzata dal BBE, dall’ECJC e dalla Red de Juderias de España.

La Giornata in Italia è promossa dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e viene organizzata dal Dipartimento Informazione e Relazioni Esterne.
Ogni anno una città capofila diversa; in questa decima edizione toccherà a Trani tagliare il nastro che darà l’avvio alla Giornata, alla presenza di autorità locali e nazionali e lì verranno organizzati eventi di notevole rilievo.

Con circa 50mila presenze lo scorso anno a fronte delle circa 200.000 in tutta Europa, l’Italia registra un quarto delle presenze totali. La Giornata della Cultura coinvolge associazioni ebraiche, uffici turistici locali, musei, artisti, esperti e conferenzieri, oltre che, naturalmente, Comunità ebraiche.

Per sapere tutto sulla Giornata Europea della Cultura Ebraica basta andare sul sito www.ucei.it/giornatadellacultura e per conoscere i programmi della Giornata oltre confine su www.jewisheritage.org

Sira Fatucci, Coordinatore Dire

Giorno della Memoria – 27 gennaio

Legge 20 luglio 2000, n. 211
“Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000

Art. 1.
1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Art. 2.
1. In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere.

Il Giorno della Memoria è stato istituito nel 2000 con legge dello Stato (legge 20 luglio 2000, n. 211). L’UCEI ha seguito in questi anni l’evento all’interno del Dipartimento Informazione (DIRE) con il compito di:
raccogliere notizie sulle manifestazioni e le iniziative in tutta Italia per il Giorno che, come è noto e come previsto dalla legge istitutiva, dovrebbero essere promosse in prevalenza da ambienti non ebraici,
fornire informazioni, materiali didattici, indicazioni bibliografiche in particolare alle scuole, alle istituzioni e a chiunque abbia bisogno di indicazioni, suggerimenti e consigli sulle iniziative da promuovere. In particolare questo anno è stato prodotto il filmato “Sogni bruciati”, per le scuole medie
curare il sito internet www.ucei.it/giornodellamemoria , presente con un banner all’interno del sito istituzionale UCEI, creando pagine dedicate alla Shoah con i programmi delle iniziative per il Giorno, offerta di documentazione per studio e ricerca, percorsi didattici, riferimenti bibliografici e filmici, qualificati contributi sul tema della memoria, e materiale vario,
curare l’edizione annuale del concorso nazionale per le scuole insieme al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR). Il concorso ha ottenuto fin dalla prima edizione l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica,
curare la presenza di testimoni nelle scuole e/o in eventi particolari. In questo campo il coordinamento UCEI ha anche collaborato con il Centro di Cultura della Comunità di Roma, che opera a Roma per conto della Fondazione CDEC di Milano.