morte/natalità
La gestione della fine della vita, del passaggio da questa vita ad un’altra, dà un enorme potere a chi riesce a convincere di saperla controllare. E’ il segreto del successo di tante religioni passate e presenti. Il problema si presenta con tante facce differenti e sempre nuove; in un un’epoca, come questa, di tumultuoso sviluppo tecnologico, uno di questi aspetti è la questione etico-giuridica-scientifica del momento della morte e se, e come, ognuno possa disporre di sé in questo momento (se ne parlerà stasera a Roma al Palazzo della Cultura). Sappiamo quanto questo dibattito sia coinvolgente e come le religioni vi intervengano. Il brano della Torà che leggeremo questo sabato, Emòr, stabilisce su tutta questa storia un principio che all’epoca era rivoluzionario e che lo è tuttora, anche contro le tendenze interne dell’ebraismo di adagiarsi a modelli esterni. Si prescrive che i Sacerdoti non debbano avere contatti con i cadaveri. Si pensi che gli ebrei erano appena usciti dall’Egitto dove tutta la religione e il sacerdozio erano basati sulla gestione della morte e dell’aldilà. La Torà è religione di vita e non di speculazione sulla morte.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Questa settimana [Lode al Signore] è nato a Gerusalemme il nostro ottavo nipotino. Le mamme in Israele sono in buona parte laureate, la maggior parte lavorano. Ci si può chiedere allora come mai il livello della natalità sia cosí differente in Israele (2,8 figli) e in Italia (1,2). La spiegazione sta chiaramente nell’ambito dei valori, più che dell’economia. Valori religiosi, sì, ma non solo. Il numero ideale di figli fra gli ebrei in Israele è fisso da 30 anni attorno ai 4, dunque superiore al numero reale che non cambia da 50 anni. Ma anche gli strati più secolarizzati ne vorrebbero 3. La spiegazione che le persone danno delle loro preferenze è lontana dalla retorica nazionalista ma gravita semmai nell’ambito del privato: i figli sono sentiti un primo luogo come un elemento essenziale nella vita della coppia e del nucleo familiare, non come uno strumento per potenziare lo Stato o la sua difesa. Si è dunque creata una relazione positiva fra sviluppo sociale e dimensioni della famiglia. Chi ha maggiori risorse può meglio realizzare le proprie aspirazioni riproduttive. E poi ci sono istituzioni in grado di recepire i segnali che provengono dalla società. L’ultima sentenza della Corte Suprema stabilisce che, dall’anno prossimo, nella dichiarazione dei redditi le donne lavoratrici potranno dedurre la spese sostenute per la governante dei bimbi o per l’asilo nido. Indicazioni per l’Europa.
Sergio Della Pergola, demografo, Università Ebraica di Gerusalemme