Lag Ba’omer / pagine ebraiche
Tra qualche giorno termineranno le usanze di lutto iniziate fin da Pesach per la morte degli alunni di rabbì akivà, colpiti secondo il Talmud da un’epidemia per non aver avuto rispetto uno dell’altro. A Lag ba omer ricorderemo infatti l’opera di rabbì Shimon bar yochai, anch’egli alunno di rabbì Akivà, e faremo festa. Rabbì Shimon era assai diverso dai suoi compagni. Si racconta che egli si sia avvalso dell’aiuto di semplici contadini, da lui un tempo disprezzati per la loro ignoranza, per riuscire a scovare cimiteri e fosse comuni nascoste dai romani, ridando la giusta dignità ai defunti e permettendo agli ebrei di non entrare, anche se inavvertitamente, in posti impuri. Rabbì Shimon imparò così ad apprezzare ogni ebreo, anche l’incolto e colui che è lontano dal mondo delle mitzvòt. A patto, però, che l’ebreo agisca per dare dignità al suo popolo e si impegni per portare in seno ad ‘am Israel la purità. Chi si adopera per allontanare i propri fratelli dalla tradizione ebraica non può essere apprezzato.
Roberto Colombo, rabbino
Vorrei salutare su questa rubrica l’uscita di pagine ebraiche, con la speranza che si tratti solo dell’inizio, che l’Unione vada avanti nel progetto di realizzare un vero e proprio giornale dell’ebraismo italiano rivolto al mondo oltre che all’interno, tale da rendere il mondo ebraico un protagonista reale del dibattito culturale e politico del nostro paese. Nella storia dell’ultimo secolo, in realtà, i rapporti degli ebrei con i giornali sono stati molto stretti. E non solo come ideatori, editori e giornalisti di tanti importanti giornali non ebraici. Ricordiamo il ruolo avuto all’inizio del XX secolo in America dai quotidiani in yiddish, ben cinque che tutti insieme avevano una tiratura superiore a quella del New York Times, oltre mezzo milione di copie. Il più importante di questi quotidiani, tuttora in vita, è il Forverts, in inglese il Jewish Daily Forward, fondato nel 1897 da Abraham Cahan, il più importante scrittore ebreo americano di questo periodo, che lo diresse fino al 1946. A questa tradizione, al tempo stesso fortemente ebraica e fortemente aperta al mondo, vorrei ripensare, nel momento in cui formulo a questa iniziativa dell’Unione delle Comunità ebraiche Italiane il mio augurio più caldo di lunga vita.
Anna Foa, storica