piazza Roma/legge afgana

Oggi a Gerusalemme si inaugura una “piazza Roma”. Evento inconsueto e di grande valore simbolico. Per quanto Roma oggi sia tutt’altro, nell’immaginario collettivo ebraico è la potenza che distrusse Gerusalemme e la nostra indipendenza. E allora perchè una piazza in suo onore? Forse perchè arriva sempre il momento in cui le storie si invertono e, come dicono i nostri Maestri (Bechaye a Lev.11), “proprio lei che distrusse, lei ricostruirà”.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Il 5 aprile scorso, Giuliano Amato aveva invitato dalle pagine de Il Sole 24 ore gli intellettuali islamici a prendere posizione sulla legge afgana contro i diritti delle donne. Ieri, Amato scrive, sempre su Il Sole, di avere avuto una risposta di netta condanna della legge afgana da parte di un prestigioso intellettuale islamico, Abu Zayd. Zayd è docente a Leiden e Utrecht ed è oggi il più importante studioso di esegesi coranica. Un’esegesi non apprezzata dai fondamentalisti egiziani, che lo hanno accusato di apostasia e obbligato a lasciare l’Università del Cairo e a trasferirsi in Olanda. I lettori italiani lo conoscono per i suoi libri tradotti in italiano, fra cui il bellissimo Una vita con l’Islam, pubblicato anni fa da Il Mulino. Chi non ha risposto invece è Tariq Ramadan, nonostante le sollecitazioni di Amato. Tariq Ramadan, di cui oggi Pierluigi Battista denuncia su Il Corriere le doppiezza, viene considerato da una parte importante della sinistra europea un maitre à penser. Ma chi ha questo ruolo non può sottrarsi a domande di questo tipo, che non partono soltanto da Amato, ma che vengono da più lontano: dalle bambine sgozzate in Algeria perché andavano a scuola, alle donne impiccate in Iran, lapidate in altre parti del mondo islamico. Da Sitara Achakzai, assassinata meno di un mese fa dai fondamentalisti a Kandahar. Zayd, perseguitato e in esilio, ha preso posizione. Vorremmo che la prendesse anche Ramadan, che perseguitato certo non è.

Anna Foa, storica