Shavu’ot/Koren Siddur
Questa sera inizia la festa di Shavu’ot, festa delle primizie e del dono della Torà. Shavu’ot significa settimane, dato che la festa cade dopo sette settimane dall’inizio di Pesach. Ma le sorprese della lingua ebraica sono infinite. Dalla stessa radice, comune anche a lingue indoeuropee, che indica il numero sette (sheva’) e di qui settimana (shavu’a) deriva anche shevu’à, che vuol dire giuramento. Che rapporto vi sia tra le due cose è difficile dirlo. Forse, come suggerisce il racconto di Avraham (Bereshit 20:28), è perché inizialmente la shevu’à non era un giuramento qualsiasi ma un particolare tipo di impegno che si assumeva con una cerimonia solenne che richiedeva il sacrificio di sette animali. In ogni caso questo strano accostamento fa sì che la festa delle settimane possa significare, con una piccola variazione di vocale (Shevu’ot invece di Shavu’ot), la festa dei giuramenti. Al plurale, perché sono due le parti che si impegnano solennemente e per sempre, con tutto ciò che la cosa comporta: colui che dà la Torà e il popolo che la riceve.
Riccardo di Segni, rabbino capo di Roma
Arriva da Londra la sfida al predominio dell’Artscroll Siddur nelle sinagoghe d’America. Il rabbino capo Jonathan Sacks ha terminato il Koren Siddur. Molte le novità, prima fra tutte l’inclusione fra le feste della liturgia di Yom ha-Azmaut per consentire a ogni “congregation” di sincronizzare le preghiere per il giorno delll’indipendenza di Israele.
Maurizio Molinari, giornalista