Germania/Amos Elon

Domani a Monaco di Baviera verranno date, con una cerimonia solenne, le due prime ordinazioni rabbiniche ortodosse in Germania dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. In questo c’è un messaggio molto suggestivo: il nazismo non è riuscito a spegnere la luce della Torà. Ma subito dopo la domanda: perché così tardi? Facciamo un confronto con l’Italia, patria del fascismo e sede di una persecuzione pesante, al termine della quale l’ebraismo ha perso 20 mila persone tra vittime, emigrati e convertiti. Alla fine della guerra le istituzioni ebraiche italiane hanno fatto il possibile per continuare. Con tutte le difficoltà le scuole rabbiniche italiane sono riuscite a ordinare, dal 1945 ad oggi, circa 37 rabbini. Perché l’Italia sì e la Germania no? Probabilmente perché in Italia e altrove il Male è stato considerato, benché terribile, un accidente transitorio, mentre in Germania è stato considerato essenziale e inscindibile da quella terra e quel popolo. Era giusto che fosse così? E se lo era, perché ora non lo è più?.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Un altro pezzo della nostra storia se ne è andato, alcuni giorni fa, nella sua casa vicino a Pistoia dove ha vissuto gli ultimi anni: Amos Elon, giornalista e storico, autore di libri bellissimi sulla storia degli ebrei e su quella del sionismo, alcuni dei quali tradotti anche in italiano. I suoi libri li ho amati, per quella straordinaria capacità di scrittura che Elon aveva, per quel saper porgere ai suoi lettori delle immagini al tempo stesso comprensibili e profonde della storia. Lui l’ho conosciuto appena, in occasione della presentazione a Roma del suo ultimo libro, Requiem tedesco, uno splendido affresco della storia ebraica fra Otto e Novecento, e sono stata colpita dal suo rigore e dalla sua umanità. La sua storia ci suona familiare: nato a Vienna nel 1926, sionista impegnato, importante giornalista di Haaretz, intellettuale prestigioso e critico, sceglie infine di vivere in Toscana, appartato, continuando, in sobrietà e dignità, a pensare, a scrivere, a guardare al mondo. Un percorso difficile, sempre meno frequentato.

Anna Foa, storica