La provocazione intollerabile del Terzo Reich
“Quando sento la parola cultura, tolgo la sicura al mio revolver” – così diceva il portavoce del ministero della Cultura nel Terzo Reich. Chi è incolto non è indifferente alla cultura. Piuttosto è animato da livore; di fronte alla cultura perde il lume degli occhi, perché si sente escluso. Prova risentimento verso chi è colto, verso chi ha la possibilità di articolare ed esprimere il negativo che lui, invece, deve semplicemente reprimere. Perciò il fascismo si è gettato con furia bestiale contro chi, in modi e forme diversi, rappresentava la cultura. Il gesto sovrano di indipendenza dell’intellettuale e del critico, la sua libertà spirituale, erano infatti una intollerabile provocazione. La cultura, per perpetuarsi, ha bisogno della critica. Dove la critica viene messa a tacere, la cultura decade e genera esclusione, livore, risentimento, aggressività, violenza. E questo è l’esito di una operazione politica tutt’altro che priva di intenzioni.
Donatella di Cesare, filosofa