Il Museo della Shoah di Roma, luogo di insegnamento non di esposizione

Il progetto è stato approvato, i lavori partiranno prima della fine del 2009 e, se tutto andrà secondo i programmi, nel 2011 anche Roma inaugurerà il suo Museo della Shoah sulla scia di quelli che sono già stati realizzati a Berlino, Parigi, Londra, Gerusalemme e Washington.
Un percorso tutt’altro che liscio quello che ha accompagnato e seguito l’approvazione di questo progetto che fra le dimissioni dell’ex leader del Pd ed ex sindaco di Roma Walter Veltroni dal Consiglio di amministrazione della Fondazione del Museo (all’indomani delle dichiarazioni del sindaco Gianni Alemanno su fascismo e leggi razziste in occasione delle celebrazioni per l’8 settembre), l’ingresso di Piero Marrazzo e Nicola Zingaretti con fondi di Regione e Provincia e le proteste di Francesco Storace de La Destra che considerava uno sperpero lo stanziamento di 13 milioni di euro (in aggiunta ai 16 della precedente amministrazione Veltroni)) approvati dalla giunta Alemanno, sembrava aver innescato una polemica senza fine.
Il Museo della Shoah di Roma si farà e sarà un parallelepipedo scuro, un po’ infossato, con le pareti esterne coperte da migliaia di nomi luminosi: i nomi degli ebrei morti durante le persecuzioni nazifasciste, sorgerà in via Nomentana, sul limitare di Villa Torlonia, luogo particolarmente significativo per la storia e la cultura ebraica, innanzitutto perché nel parco si trova una delle cinque necropoli ebraiche, un complesso di catacombe risalenti al terzo e quarto secolo, scoperte nel 1919 e sfruttate vent’anni dopo Mussolini come bunker contro i bombardamenti, che testimoniano la presenza a Roma della più antica comunità ebraica d’Europa ed in secondo luogo perché Villa Torlonia è stata la residenza del Duce fino al 1943 (la sua residenza è in corso di restauro e diventerà la sede permanente delle opere della cosiddetta Scuola romana di pittura).
In esso lo studente potrà trovare tutti gli strumenti necessari per fare un lavoro di studio e di ricerca utilizzando tutti i materiali migliori da un punto di vista storico e i migliori specialisti che a fianco ai suoi insegnanti lo guideranno nel percorso.
Abbiamo chiesto a Luca Zevi uno dei due architetti (l’altro è Giorgio Tamburini) che lo hanno realizzato, di descriverci il progetto.

Architetto Zevi quali sono i principi cui ci si è ispirati nella realizzazione del progetto Museo della Shoah
Il Museo della Shoah è stato concepito e promosso per riconoscere e documentare il carattere monumentale dell’ingiustizia che ha attraversato il mondo occidentale.
La recente approvazione del progetto è frutto di un largo movimento di opinione che ha attraversato l’Europa a partire dagli anni ’80 e che ha voluto fare della Shoah uno dei fondamenti della formazione della nuova generazione dell’Europa unita. Questo movimento è ben lungi dallo smobilitare e anche negli ultimi giorni abbiamo visto che deve essere quanto mai vigile.
Quali sono gli elementi di punta di questo progetto?
Innanzitutto il luogo, il significato storico del luogo in cui sorgerà il Museo nel senso della storia antica e della storia recente d’Italia. Come già si è detto molte volte all’interno di Villa Torlonia vi sono delle antichissime catacombe ebraiche e poi la villa fu la residenza di Mussolini, ma vorrei anche sottolineare che Villa Torlonia, dopo circa 30 anni di lavori di restauro, sta per diventare uno dei più importanti parchi museali della città di Roma un luogo dove vengono conservate le testimonianze della creatività che si è sviluppata in questa città a partire dall’antichità fino al secolo passato con le opere della scuola romana degli anni trenta e quaranta,
Un secondo punto fondamentale del progetto è che il percorso di avvicinamento al Museo sarà un percorso assolutamente coincidente per tutti i soggetti che lo visiteranno abili e diversamente abili, anziani e bambini, donne e uomini: dove la Shoah è un esaltazione delle differenze in funzione della sopraffazione della maggior parte delle componenti della società da parte di una, il Museo della Shoah deve rappresentare il luogo in cui le differenze vengono esaltate in funzione dell’incontro e dello scambio fra le varie componenti..
Il percorso di cui parla è il viale dei Giusti?
Esattamente, si tratterà di un percorso in discesa, che condurrà all’ingresso del museo. Questo percorso è dedicato ai Giusti, a coloro che mettendo a repentaglio la loro vita salvarono la vita di altri esseri umani contrapponendosi all’inumano che dilagava. Ritengo che i Giusti siano il più importante insegnamento per le nuove generazioni ed il percorso in loro onore sta lì a dimostrare come le complicità furono criminali l’indifferenza fu colpevole.
Al termine del viale dei Giusti si entrerà al Museo…
Sì si entrerà al Museo e si raggiungerà subito la quota più alta dalla quale inizierà un percorso a rampe in discesa, anch’esso alla portata di tutti, che percorrerà le varie sezioni, dall’antigiudaismo tradizionale alla nascita dei totalitarismi, alla legislazione antiebraica alla deportazione e giù giù fino a scendere in profondità nel sottosuolo raggiungerà il racconto dello sterminio. Nella parte più in basso vi sarà un plastico di Auchwitz a cui il professor Marcello Pezzetti sta lavorando da decenni e che sarà un’opera unica in questa rete di musei della memoria.
Quali sono i suoi sentimenti e le sue sensazioni nell’essere attore protagonista di un’impresa così importante?
Provo un’enorme emozione e la sensazione di essere in una rete di iniziative internazionali, il contributo che ne deriva è un contributo europeo nel dire che non c’è consolazione alla Shoah. Diversamente da Yad Vashem dove al termine del tunnel c’è una vista sulla valle di Gerusalemme, noi ricordiamo come l’Europa sia precipitata in un baratro morale in cui non si deve ricadere più.