… antiamericanismo

I dati delle ultime elezioni europee dicono molte cose: la disillusione sull’Europa degli europeisti, alcuni venti di estrema destra che sarebbe sbagliato sottovalutare (per esempio il consenso al partito Jobbik Magyarországért Mozgalom, Movimento per un’Ungheria migliore) – il ritorno in campo di un’idea di Europa in cui l’antiamericanismo è un ingrediente rilevante.
In questo scenario l’antiamericanismo allude alla costruzione di un possibile asse verso Mosca.
E’ un percorso che non è nuovo e che già si è prodotto nel corso degli anni ’90 durante la guerra nella ex-Jugoslavia. Lo sguardo benevolo su Milosevic che fu condiviso da molti trasversalmente a destra e a sinistra, Lega Nord compresa, si fondava su quel sentimento che in Italia ha una storia: proprio del fascismo, ma sopravvissuto al regime. Anche nell’Italia della Prima Repubblica, al di là della fedeltà al Patto atlantico quel sentimento andava forte. Non era solo nella politica (di nuovo a destra e a sinistra e nel mondo cattolico), era anche nel rifiuto a considerare la sociologia, l’antropologia, la ricerca sociale discipline e saperi con statuti scientifici e non “tentazioni” di una società materialista.
Ma negli anni ’90 il tempo politico ancora non era maturo. Invece la Russia è oggi una potenza politica dotata di un modello di governo, che molti invidiano: non mira alla coabitazione multiculturale e esprime un’idea di società ordinata. Anche per questo Putin è considerato un amico e costituisce un punto di riferimento solido: ha risorse energetiche, minerali, metalli preziosi. Ogni tanto ci scappa il morto – soprattutto se è un giornalista ficcanaso – ma sono dettagli. Ha un futuro l’Europa dei federalisti?

David Bidussa, storico sociale delle idee